
Tutto fa “brodo”, nella cultura?
“Definizione da Oxford languages
CULTURA
/ cultù·ra /
Sostantivo femminile
1 - Quanto concorre alla formazione dell'individuo sul piano intellettuale e morale e all'acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società; più com., il patrimonio delle cognizioni e delle esperienze acquisite tramite lo studio, ai fini di una specifica preparazione in uno o più campi del sapere: farsi una c.;un uomo di grande c.; avere una solida c. musicale, storica, letteraria.
2 - In senso antropologico, il complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo o di un gruppo etnico, in relazione alle varie fasi di un processo evolutivo o ai diversi periodi storici o alle condizioni ambientali.”
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In sostanza, tutto quello che, nel bene e nel male, più ci accompagna e ci influenza nel vivere quotidiano ha un nome ben preciso: Cultura.
Quella che chiamiamo cultura è un aspetto del vivere composta da elenco infinito di elementi, un ombrello talmente grande sotto il quale ogni uomo, del passato, di oggi o che passerà su questo piccolo granello di roccia, troverà posto, ma spesso anche riparo. Infatti, anche le peggiori nefandezze sotto quel termine sono certe di trovare la loro “protezione” e persino giustificazione. E questo è ritenuto normale e giusto, cioè cultura.
Ma siccome “non è vero che tutto fa brodo”, è proprio questo l’aspetto della cultura che dovrebbe essere cambiato: Niente e nessuno che cerchi di giustificare qualsiasi pensiero e qualsiasi azione che sia “negativa” verso gli altri, che obblighi o condizioni in qualsiasi modo anche uno solo dei suoi simili, non dovrebbe poter mai trovare posto sotto quel termine, sotto la “protezione” e giustificazione di quella “definizione” linguistica e assolutrice. La cultura non deve più essere un comodo, facile e sicuro rifugio per niente che non sia rivolto alla libertà assoluta del singolo, di ogni singolo. Se non è questo non è (non dovrebbe essere) più definibile cultura, ma solo comportamenti deleteri per l’intera comunità umana; qualunque sia l’angolo del mondo in cui si presenta.
Anche questa è una delle utopie illumaniste, che dette oggi fanno, giustamente, passare per matti. Ma come sappiamo, solo le utopie cambiano, progressivamente il mondo. Ciò che non cambia è sempre cultura, e della peggiore, perché conservatrice anche degli errori del passato.
Un aspetto che ci lascia ben sperare in questa direzione lo possiamo trovare nel sempre maggiore distanza tra i più di coloro che guidano il mondo e la cultura. Un numero sempre maggiore di quelli che arrivano al potere dimostra di essere sempre più distante dal concetto di cultura come valore, e assolutamente incompatibile con il tipo di cultura di cui dicevo sopra. Sembra che prendere il potere significhi ripudiare ogni idea di cultura come valore (se non a parole), e anche quando si propongono come promotori di cultura scelgono quella conservatrice, e più spesso ideologica e ideologizzante. Naturalmente, questo allontanamento non è che sia positivo di per se, ma lo è in prospettiva futura, per quando una riformulazione del concetto di cultura diventerà indispensabile sotto la spinta di una povertà dell'anima che l'uomo non sarà più in grado di sopportare.