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Uomo, lavoro e futuro

Il tempo del lavoro come maggior impegno di un uomo sta iniziando a scomparire, e ci stiamo lentamente ma inesorabilmente incamminando verso una nuova fase, verso un nuovo rapporto dell’uomo con la gestione del suo tempo.

Le macchine, la tecnologia ed i processi produttivi sempre più automatizzati e autonomi stanno cambiando totalmente il mondo del lavoro e le sue necessità

E’ di questi ultimi anni la polemica sulla difficoltà a trovare determinate categorie di lavoratori, e queste riguardano prevalentemente quelle professioni dove meno è arrivata la presenza e la possibilità di automatizzazione. Ma è solo questione di tempo.

Questo nuovo tipo di rapporto con il nostro tempo di lavoro richiederà una totale e profonda rivisitazione delle risorse e della possibilità di sostentamento di milioni di persone. Per milioni di persone dovrà essere trovata la possibilità di procurarsi un’adeguata fonte di reddito a fronte di un numero molto minore di tempo dedicato al lavoro. E questo è un problema sociale che solo la politica potrà risolvere.

Ma in questa situazione si presenterà un nuovo e forse più difficile problema da affrontare: il problema di imparare a gestire e rendere “profittevole”, e non psicologicamente traumatizzante a livello individuale e psicologico a causa la maggiore disponibilità di tempo libero da imparare a gestire. Infatti, un nuovo rapporto con la quantità di tempo libero si ripercuoterà anche sulla capacità individuale di riorganizzare la propria esistenza. Molti dei problemi psicologici emersi anche in tempo di pandemia hanno evidenziato quanto l’impossibilità di essere socialmente impegnati e attivi ci dimostra quanto siamo impreparati a vivere condizioni dove l’impegno “dovuto” e attivo viene a ridursi ed a mancare.

Questo è un aspetto del cambiamento che ci aspetta, e un tema che dovrà essere messo in cantiere quanto prima. Sicuramente prima che, essendo probabile una sua diffusione su scala molto maggiore di quanto siamo propensi ad immaginarsi, le sue conseguenze inizino a diventare conseguenze sociali di difficile soluzione. Prevenire sarà molto più facile che curare, e per questo dovranno essere coinvolti e impiegati diversi settori sociali, da quello del mondo del lavoro a quelli della politica, ma sopratutto coinvolgendo quello della psicologia e della filosofia.

L’uomo è una macchina da lavoro che resterà parzialmente inattiva, ma è anche una macchina psicologica molto delicata, che quel tempo, sempre maggiore, di mancato impegno dovrà imparare a gestirsi. Cosa tutt’altro che facile e secondaria.

In questo campo l’Illumanesimo non ha pretesa di offrire soluzioni, ma solo di mettere nella giusta priorità i due aspetti della questione: Rapporto dell’uomo con il proprio lavoro e relative conseguenze economiche e organizzative, rapporto dell’uomo con il proprio tempo disponibile per se stesso, e relativa gestione psicologica. Questa seconda dovrebbe sicuramente essere messa in primo piano rispetto alla prima, non fosse altro che per la sua maggiore difficoltà a prenderne atto ed a gestirla. La mente dell’uomo, anche di un singolo uomo, è molto più complessa del mondo del lavoro; figuriamo quelle di milioni di individui.

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