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Obiettivi individuali come valori,

o valori preconfezionati come obiettivi?

 

A volte viene da chiedersi se una società potrebbe investire sulle persone, sui singoli piuttosto che su se stessa. Naturalmente la risposta è si, potrebbe. Qualsiasi società, se avesse in se il germe culturale del valore del singolo correrebbe a investire su un tipo di crescita finalizzata a raggiungere questo risultato e a cercare di farlo al massimo grado possibile;  anche perché sarebbe una società cosciente dell’enorme vantaggio che essa stessa potrebbe trarne. Esattamente il contrario di quanto avviene nella comunità umana. Le nostre società, infatti, operano tutte, e in perfetta sincronia, esattamente nella direzione opposta a questa convenienza. Ogni decisione da prendere deve prima di tutto essere utile all’organizzazione sociale, al sistema chiuso su cui la società si basa e si muove; anche se poi sono sempre lì pronti a sostenere che le decisioni prese e da prendere devono andare in questa direzione perché sono per il bene dei singoli, per offrire vantaggi agli individui che la compongono e la vivono. Naturalmente sono tutte falsità ( e quando non lo sono totalmente lo sono in forma indiretta, subdola, ingannatrice) e, inevitabilmente, poco dopo si scoprire che i vantaggi e le convenienze erano sempre e solo per i pochi e spesso solo per quelli  che hanno deciso e per i loro accoliti. Solo questo, solo questa insensata corsa a sostenere a spada tratta che ciò che c’è va bene com’è perché non c’è niente di meno peggio, nonostante i continui e ripetuti fallimenti, dovrebbe insospettire i molti che restano sempre al punto di partenza o sé se ne allontanano è perché arretrano.  La cosa continua ri ripetersi sempre uguale da secoli e non siamo ancora riusciti ad imparare a difenderci; ci continuiamo a cascare. La verità infatti è che, purtroppo, ai molti, a quelli che continuano ad arretrare,  non sono stati dati gli strumenti per rendersi conto di questa triste realtà, e magari gli si è data l’illusione, e dove era possibile qualche zuccherino di benessere, qualche briciola, utile a far passare l’idea che prima o poi ( ma bisogna farsi furbi) potrebbe toccare a anche a loro il benessere riservato a pochi ma promesso per tutti.

La cultura vincente, quindi, è quella dell’idea che sia giusto sostenere e difendere prima di tutto l’organizzazione sociale esistente perché solo questa sarà in grado di darci una speranza per il futuro. Ma anche queste persone, questi custodi della cultura e del sapere, cresciuti loro stessi, e che continuano a far crescere tutti senza obiettivi individuali di valore, ma con valori preconfezionati come obiettivi,  non possono quindi essere in grado di vedere nemmeno per se stesse una via d’uscita,  e non possono nemmeno accorgersi che la finestra da cui guardano fuori, l’unico squarcio da dove entra un minimo raggio di speranza, è in realtà una luce artificiale accesa come specchio per le allodole. Sempre più spesso però non si vede nemmeno la finestra e si continua ciecamente a restare chiusi in stanze mentali che sembrano non mettere a disposizione nemmeno una via di fuga e che la sola soluzione possibile ai problemi che affliggono tutti possano e debbano essere presi al loro interno.

 

Anche le persone che dovrebbero prendere le decisioni rispetto alla crescita culturale, quindi, non fanno eccezione perché anche loro sono figlie di questo sistema e non possono che avere la stessa struttura mentale nata e cresciuta nella vecchia cultura, nel vecchio sistema. Pertanto anche quelli che dovrebbero prendere parte alla discussione sugli obiettivi, alla determinazione dell’indispensabile legislazione che regola il contesto sociale, essendo figli dello stesso sistema non sono in grado di intravedere soluzioni diverse da quelle che rientrino nelle vecchie concezioni culturali. Questo porterà inevitabilmente ad un costante peggioramento, e l’inizio di un cambiamento, l’assunzione di decisioni fortemente fuori dagli schemi potranno essere prese solo quando ci troveremo di fronte a situazioni ormai palesemente ingestibili. Fino a quanto non si presenta loro l’ingestibilità del sistema continueremo e continueranno a faci muovere sempre nella stessa direzione. Solo quando saremo giunti al livello dell’ingestibilità oggettiva saremo in grado di trovare la forza di liberarci dalle grinfie del vecchio modo di immaginare il futuro. Questo richiederà un tempo lungo e molti di loro, molti dei custodi del sistema culturale attuale, non riusciranno nemmeno a cambiare e dovranno abbandonare la partita; ma questo è anche un vantaggio perché menti nuove portano più facilmente idee nuove.

 

Ma questo cosa centra con i valori? C’entra e anche molto perché i valori di cui parlo sono i valori “etici” e “morali” ( ma come si può parlare di morale sociale! )  che questo tipo di società vive e gestisce in funzione di se stessa, e che non derivano da valori morali individuali come valore primario ma è un’etica che si basa su valori esterni al singolo, valori morali confezionati e ormai obsoleti, e fino a quando quest’etica sociale non diventerà ingestibile difficilmente si riuscirà a costringere il sistema a ripensare se stesso. Per questo è necessario prima di tutto far diventare ingestibile il sistema etico di una società, serve far crollare la falsa idea di moralità sociale per poter sperare di riuscire a modificare qualcosa. In quest’ottica ogni aberrazione etica, e il nostro tempo ce ne fornisce ogni giorno a man bassa, è da vedere quasi come benedetta perché è la strada maestra verso la sua ingestibilità; magari un po’ dolorosa, ma non è detto che qualche piccolo malanno non sia sopportabile in prospettiva di miglioramento degli interessi individuali e sociali.

 

I giovani in questo sembrano essere dei maestri. La scuola, la formazione continua disperatamente a dispensare loro cose vecchie, che li annoiano e li deprimono, la società offre loro mirabili esempi di vecchio che vedono come sempre più lontano dal loro interesse, i modelli informativi tradizionali continuano a dispensar loro falsi modelli che a lungo termine li deludono, li rendono sempre più insofferenti perché iniziano ad andargli stretti, e allora iniziano a rifugiarsi, magari ancora in modo caotico, disordinato, privo di obiettivi chiari,  nei nuovi sistemi che la tecnica mette loro a disposizione e li riescono a trovare spazi di libertà a loro più congeniali e da questi iniziano a coordinarsi per portare nel sociale, nei comportamenti che esasperano proprio quell’etica sociale e che contribuiscono a renderla sempre più ingestibile. Questa loro naturale insofferenza al vecchio, questa loro naturale propensione al nuovo è la speranza per il superamento di tutto quanto gli viene proposto ma che iniziano a sentire come estraneo e che gli crea insofferenza, frustrazione, disadattamento e nevrosi. Sicuramente dovranno aspettare ancora un po’ prima di poter imporre qualcuno dei nuovi valori. Sicuramente dovremo e dovranno aspettare la decadenza anagrafica di quelli che ancora sono forti socialmente e che di questa forza fanno uso in forma conservatrice e ancora vincente.

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