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I modelli reciproci

I migranti che ci raggiungono in un occidente che, al di la di ogni aspetto culturale, etico o filosofico, si trova in profondo ed evidente stato di debolezza psicofisica, devono diventare un modello da raggiungere dalle prossime generazioni. Un modello di uomo fisicamente e psicologicamente nuovamente forte, e in grado di affrontare la vita che si prospetta dura, e non esageriamo se diciamo persino che questa necessità la si possa legare anche alla sua possibilità di salvarsi.

Per contro, il modello che ci arriva attraverso i migranti è quello di uomini forti, cresciuti in ambienti difficili, nei quali hanno saputo “salvarsi” proprio grazie a questa loro forza psicofisica ed esistenziale. Il loro “maglior deficit” è, allo stato attuale, prevalentemente quello formativo. Il loro livello in termini di formazione scolastica e mediamente più basso di quello occidentale, e quello culturale molto diverso, e questo è un vantaggio che gli ha consentito di concentrarsi prevalentemente sulle difficoltà da superare per salvarsi in contesti spesso assai complicati. E questo li ha preservati da decadenze psicofisiche, quelle che hanno colpito l’occidente, e li ha rafforzati anche in termini esistenziali. Se da un lato questo è stato uno svantaggio rispetto alla crescita dei loro luoghi di origine gli ha permesso però di sopravvivere in quei difficili ambienti sociali e/o ambientali.

Se tutti riusciremo, loro a recuperare il deficit formativo, e noi quello psicofisico potremmo, insieme, dar vita sicuramente ad un futuro di grandi prospettive. Se riusciremo a diventare modelli reciproci nella giusta direzione - che non è e non potrà, non dovrà essere quella di prevalenza reciproca di tipo culturale -, quella di specie e di crescita reciproca ( che umanamente è per noi tutti indispensabile ), potremmo raggiungeremmo un livello illumanista molto forte, e sicuramente molto utile per tutti.

Ma tutti, loro e noi, non possiamo più pretendere di raggiungerlo attraverso un cambiamento rapido e di breve periodo, ma dovremo trovare una formula condivisa per la crescita delle nuove generazioni. Cosa difficile, difficilissima ma non impossibile.

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