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Causa e prodotto

Prevalentemente nel mondo occidentale, sembra essersi fatta definitivamente strada l'idea che la causa della scomparsa delle ideologie, dei vecchi valori, del mitismo come necessità individuale, ma anche delle capacità di fare comunità e di gestire i rapporti interpersonali, stia tutta fuori di noi.
Il mondo esterno, brutto e cattivo, sembra essersi rivoltato contro l'uomo. Un mondo, chiamato comunemente sistema sociale, che si ritiene essere diventato un soggetto autonomo, impossibile persino da identificare. E’ vero, che ormai si tratta di un sistema in grado di vivere di vita propria, al punto di essere diventato vivo nel corpo sociale grazie alle legislazioni favorevoli che è riuscito a farsi e farsi deliberare, ma da questo ad affermare che l’uomo ne sarebbe ormai solo la sua vittima, e il suo motore, magari ne dovremmo discutere meglio.

Infatti, probabilmente tutto questo è solo un risultato, un prodotto, e non la causa, di ciò che siamo diventati e di ciò che abbiamo costruito socialmente.

Già prima di tutto questo l’uomo ha iniziato a perdere i propri valori, i propri idealismi, i propri miti, e forse è proprio a causa di questa perdita che perdita che ha offerto il terreno sul quale tutto questo potesse avvenire. Poi, quando questo è avvenuto, l’uomo si è perso ulteriormente. Quando ha tentato di ri-aprire la propria mente si è accorto che la fuori non c’era più niente di tutto quello che gli serviva, ed ha finito per ritrovarsi nel vuoto psicologico più totale.

Allora, la conclusione che il mondo brutto e cattivo sia caduta dall’alto è, probabilmente, sbagliata. Quel tipo di analisi è una troppo facile semplificazione, proposta a giustificazione di qualcosa che non abbiamo il coraggio di ammettere: l’uomo non è in grado, ancora – aggiungiamo ancora per darci un pizzico di speranza -, di gestire e saper reggere a periodi troppo lunghi di benessere. La nostra psicologia animale non ha ancora imparato a fare di questi periodi dei momenti di utile esperienza di vivere, e non sapendolo fare, passato un periodo troppo lungo di quiete, e scambiandola per qualcosa che ormai ci è dovuto, di un diritto acquisito da non dover più nemmeno curare e “gestire”, finisce per lasciarsene travolgere. Per noi, tenere sotto controllo il liberismo e ancora troppo difficile; più difficile che fare la guerra.

Si sente anche sostenere, spesso, che tutto il sistema che abbiamo creato deve, dovrebbe essere riportato sotto il controllo dell’uomo. L’idea prevalente di chi riesce a vedere lo stato di disastro sociale in cui siamo, e riesce a proiettarlo in prospettiva ( cosa peraltro poco comune), è quella di pensare che, prima possibile, dobbiamo riuscire a ridurre sotto controllo tutti quei sistemi, tutto quel mondo la fuori.

Purtroppo non è così. Purtroppo non sarebbe ne possibile ne sufficiente. Anche il solo pensare di tornare indietro, di ricondurre quei sistemi sotto il controllo del tipo di uomo che siamo oggi sarebbe pura illusione. Se non ripartiamo dall’uomo, se non riusciremo a farci risvegliare a nuovi valori, a nuovi “miti”, a nuovi modi di immaginare e vivere la vita, sarebbe tempo perso.

Quel sistema è il prodotto diretto dell’uomo. La colpa di aver permesso a tutto questo di accadere la possiamo e la dobbiamo ricercare dentro la nostra paura di vivere prima, e nella sopraggiunta debolezza poi, e non viceversa. Dentro la nostra paura delle durezze della vita, nell’illusione di poter allontanare ogni difficoltà grazie alla spasmodico ricercare della pace e della tranquillità; ma senza far niente per imparare a gestirle. Pertanto, è solo nell’uomo, nel suo rafforzamento che possiamo trovare la soluzione.

Serve la crescita di uomini nuovi, o quel falso mostro, quello che oggi ci sembra la causa di tutti i nostri mali, non può che crescere. Oggi è ciò che non sappiamo esprimere di diverso, è ciò che non sappiamo gestire, ma è e resta solo un prodotto, e come tale deve e può diventare un prodotto diverso se la sua matrice, l’uomo, sarà un uomo diverso.

Siamo ancora molto lontani dal punto di rischio finale, ma oggi, urgentemente, serve prendere atto del punto in cui siamo, dei veri motivi per cui ci siamo arrivati, e farlo senza scaricare le nostre responsabilità fuori di noi, ma facendo crescere uomini di nuovo in grado di esprimersi con determinazione nel mondo.

Lo so, questa può sembrare persino una banalità, e in effetti lo è rispetto all'analisi, ma non lo è rispetto al punto da cui serve ripartire. Punto che non trovo mai affrontato con la necessaria attenzione e verso il quale mancano proposte concrete. Forse ne manca persino la consapevolezza.

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