
La ribellione
Per cambiare il mondo servono i ribelli.
Ma, anche nei momenti in cui tutti capiscono che serve un cambio di passo, e sperano che tutto cambi, difficilmente i modelli formativi mettono in campo la loro “potenzialità” indispensabile ad agevolare la crescita di uomini in grado di ribellarsi a chi vede il cambiamento come la propria rovina. E’ lo spirito di conservazione di pochi che prevale quasi sempre su quel bisogni e quella speranza. Al massimo, come nel nostro periodo storico, si inizia a parlare di cambiamento ai giovani, magari si comincia anche a spronarli, ma solo in modo molto teorico.
Agli insegnanti spetterebbe invece il compito di insegnare, in modo concreto, alle ribellioni. Gli insegnanti devono diventare l’avanguardia delle ribellioni concrete e efficaci. E questo è possibile solo insegnano a ribellarsi motivando, in modo serio, consapevole e ragionato – direi quasi logico – gli intenti che si vogliono raggiungere. Ribellarsi solo per contestare, per demolire senza una prospettiva non serve a niente.
Solo le ribellioni accompagnate da un chiaro, motivato e finalizzato progetto hanno speranza i essere accettate, condivise e appoggiate da un numero di componenti di una società sufficiente a trasformarle in cambiamento reale. Il progetto può essere politico, istituzionale, socio-economico, umanista o di altro tipo sociale, ma diversamente da quanto è quasi sempre accaduto, illumanisticamente oggi, venuti meno molti vecchi valori, ognuno di questi dovrebbe sempre essere accompagnato da uno diverso paradigma esistenziale, da una nuova idea del senso della vita.