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Due, il massimo sopportabile dall’uomo.

Il numero tre, per gli amanti di numerologia, è considerato il numero perfetto. Ma per la storia recente dell’umanità, suddivisa in tre grandi categorie, in tre gruppi sociali, non si sta rivelando una buona soluzione. Anzi.

Due secoli fa è iniziata una divisione, lenta ma costante, in tre gruppi: i poveri, i ricchi, e quella che abbiamo finito per definire la classe media.

I poveri ed i ricchi ci sono sempre stati. Due ruoli che si distinguevano chiaramente e mai si “incontravano”. I ricchi comandavano, e la loro unica preoccupazione era quella di gestire la società evitando che cambiasse il rapporto tra loro e il resto dell’umanità. Dall’altra parte i poveri, che non riuscivano, e non sapevano uscire dalla loro condizione, né sarebbero stati in grado di comandare; e quindi accettavano abbastanza rassegnati la situazione. Una storia durata secoli e secoli, iniziata agli albori delle prime comunità, il cui equilibrio, negli ultimi due secoli, ha iniziato a spezzarsi. In mezzo ai due gruppi, grazie a quello che chiamiamo progresso, hanno iniziato a inserirsi una sempre crescente fascia di popolazione che riusciva a non essere più totalmente povere, e che iniziava persino a illudersi di poter diventare ricca.

Un’illusione che nella realtà è durata solo pochi secoli. Infatti, i due gruppi si sono trovati abbastanza velocemente in una pericolosa condizione di frustrazione. I delusi della classe media hanno finito per accumulare una forte dose di frustrazione, causata dalla constatazione che solo pochi, pochissimi sarebbero realmente riusciti a fare quel salto, e che la maggior parte di loro avrebbe persino rischiato di ricadere nel gruppo dei poveri. Allo stesso tempo, per la prima volta milioni di poveri iniziavano ad avere di fronte a loro un modello, una nuova prospettiva, che prima non avevano mai avuto: Quella di poter uscire dalla loro atavica condizione. Questa speranza, che si ampliava sempre di più, creava però altrettanta frustrazione di fronte alle crescenti difficoltà a diventare realtà.

Una miscela sociale esplosiva che, o ritrova il proprio equilibrio, o ritrova una suddivisione meno frustrante, o finirà per travolgerci.

Però. l’equilibrio non potrà più essere la restaurazione delle due categorie nella forma originaria; non sarebbe più accettabile da una umanità ormai profondamente cambiata. L’unica speranza è quella di riformulare una divisione tra due nuovi gruppi, ma questa volta di tipo diverso. Da una parte l’uomo che vive la propria materialità in modo consapevolmente diverso, ma più giusto, e dall’altro una parte dell’umanità che quei principi trasforma in organizzazione formativa e sociale.

L’uomo è un animale complesso, ma non al punto da riuscire a gestire una complessità troppo spinta. Una situazione sociale più semplice è l’unica in grado di essere gestita senza creare scompensi frustranti, ed alla lunga pericolosi. Due, quindi, sembra essere il numero perfetto, il numero dell’Illumanesimo.

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