top of page

La terza via

Si parla molto della “caporetto” della cultura. Di una società culturalmente sempre più povera dove si legge sempre meno e sempre meno sono riconosciuti come condivisi e condivisibile valori che fino a poco tempo fa apparivano come veri è propri pilastri sociali. La scuola di ogni ordine e grado subisce costantemente attacchi finalizzati alla sua destrutturazione. Il sistema mediatico, social compresi, agevola sempre di più il futile, ed emargina le forme culturali. Ogni ambito sociale espelle con sempre maggiore frequenza ogni aspetto legato alla formazione di tipo culturale, e privilegia ogni possibile modello che porti all’effimero. Il sistema economico e tecnologico e riuscito perfino a trasformare questa povertà nel proprio sostentamento. Un momento storico, insomma, dove la cultura, più che essere in crisi, sembra diventata un vero e proprio nemico da combattere.

Ma non sarà che tutto questo non sta accadendo per caso?. Non sarà che proprio grazie a questo percorso stiamo mettendo in atto un rinnovamento culturale? Non sarà che stiamo demolendo un mondo che non ci è più utile, che vediamo come vecchio, e del quale non sentiamo più il bisogno? Non sarò che per passare a un nuovo tipo di cultura, non avendo la minima idea di come dovrà essere, iniziamo demolendo almeno quella che non ci è più utile e che, inoltre, se resta attiva, troppo attiva, percepiamo che fungerà solo da freno?

Sicuramente, seguire questa strada non è certo la migliore delle scelte. Tutti sappiamo che un temporaneo vuoto da una qualche forma culturale ben strutturata e forte, inevitabilmente porterà la società a momenti non proprio positivi. Ma avendo raggiunto un alto livello di saturazione, e non essendo capaci di creare consapevolmente uno nuovo modello culturale più adeguato alle esigenze di intere generazioni (per questo serve il lavoro di intere generazioni), quello di iniziare un viaggio verso l’ignoto attraverso la distruzione del vecchio ci sembra la sola soluzione possibile. Peccato, perché illumanisticamente avremmo a disposizione tutto il materia utile ad evitare quel vuoto, ma le nostre menti non sono ancora in grado di farlo proprio. L’unica soluzione possibile diventa allora la demolizione, il vuoto e, speriamo, la ricostruzione. Purtroppo, temo che niente e nessuno riuscirà ad evitare quella distruzione, e nemmeno ad evitarci momenti non proprio meritevoli di essere sperati. Questo, ad oggi, sembra l’unico futuro possibile.

Comunque, illumanisticamente, nel breve periodo, se pur all’interno di un’utopia ben più grande, una terza via percorribile è pur sempre (solo) una speranza. E siccome tutti sappiamo che solo demolendo non si riparte, se anche il demolire può risultare utile, è solo da una speranza che si può ripartire.

bottom of page