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No, cara Prof.

Perché la proposta di una professoressa ( che si dichiara materialista e ne terremo conto) è una proposta molto sbagliata. Anche volendo essere realisti e pragmatici sappiamo che è solo dalla massa di persone in grado di utilizzare la mente che si può sperare di allargare la platea di quelli che sapranno farlo in modo utile. Solo avendo persone in grado di problematizzare esistenzialmente i diversi contesti sociali e lavorativi si può sperare che qualcuno, da questa massa, riesca a emergere con qualcosa di nuovo e di diverso.

Non è rinunciando al pensiero, anche di fronte a problemi seri e veri come quelli sollevati dalla prof., che si può sperare di uscire da questa tragica, ma sicuramente momentanea, situazione culturale. Le facoltà non vanno abolite, vanno riformate, aperte a pensieri nuovi, a proposte esistenziali e valoriali nuove. Non è chiudendo i luoghi dove si impara a pensare che si salvano le persone. E’ cambiando cosa si insegna a pensa quando si esce da li che si salvano le persone e si cambia il modello sociale.

Lei, che forma, cosa insegna? Ha mai messo in dubbio la qualità del proprio insegnamento? Ha mai contestato un programma didattico? Ha mai proposto modelli sociali ed esistenziali diversi da trasformare in modelli formativi? Io questo non lo so, ma sicuramente so che sta proponendo, anche se provocatoriamente, di distruggere, ma senza proporre, senza prima costruire qualcosa che sostituisca. Chiudere le facoltà sarebbe come chiudere le chiese: lasceremmo un vuoto tragico e pericolosissimo. E come in tutte le guerre che si rispettino, non si può sperare nella pace eliminando le vittime, ma solo non facendo le guerre. E le guerre le fanno sempre quelli che non sanno pensare o che pensano solo a come farle al meglio.

E attenzione, perché il modo di fare formazione con l’obiettivo di ridare semplicemente lavoro a tutti, ma all’interno di questo modello sociale, cioè costruendo una società dove il pensiero riconquista legittimità e occasione di lavoro, ma senza preoccuparsi di cambiare il contesto dove questo sta avvenendo, forse sarebbe peggio della stessa abolizione delle facoltà. Sarebbe un conformare la formazione a questo modello sociale. Un disastro. Disastro che in gran parte è già in atto. Quindi serve formare persone in grado di pensare come cambiare sia il modello formativo, sia il contesto in cui si andrà a vivere. Un lavoro che richiede tempo, pazienza, energie, ma soprattutto coraggio; molto più coraggio di quanto se ne possa avere per proporre di chiudere i luoghi del pensiero.

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