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L'errore delle categorie anagrafiche

Ogni posizione è sempre più o meno giusta, a seconda del contesto a cui la si riferisce, al punto di osservazione di chi la esprime, ed al momento storico. Ricordato questo:

Vero, i giovani sono stati “viziati” e come soluzione non possiamo offrir loro solo supporto, solo spazi, ma devono essere stimolati anche al sacrificio. Ma questo, nel momento storico in cui siamo, cioè provenendo da una sistema che li ha “costretti” a diventare dei felici artificiali con solo dei diritti, pretendere che si sveglino come per magia, e che siano in grado di sopportare senza cadere nella disperazione ciò che gli è stato detto non dovesse mai esistere, mi sembra illusorio. E Zucconi è tra quelli - come tutti quelli che hanno superato gli anta – , una schiera di nuovi vecchi che, nella stragrande maggioranza, non hanno mai combattuto abbastanza per evitare che crescessero con quel tipo di formazione mentale. Quindi, siamo tutti vecchi che hanno sbagliato a far crescere dei giovani obbligandoli a essere deboli. E dare solo spazio a dei deboli, senza dargli anche dei doveri, un fine che sia quello di non ripetere, di continuare nell’errore, non è di buon auspicio. Mi piacerebbe, quindi, autocritica, e soprattutto battaglia, anche dai vecchi, non per avere spazi e diritti, ma per cambiare sia il tipo di formazione nella scuola che il sistema formativo indiretto, quello del modello tecno-economicizzato totalmente distaccato da ogni aspetto umanistico. Anzi, combattendone ogni sussulto. Abbiamo, quasi tutti, aderito ad un modello a cui servono persone deboli, influenzabili, incapaci di prendere persino coscienza del loro stato, e pronte persino a difendere il proprio carnefice.

I vecchi, è vero, non sono mai un peso. La memoria storica, però, nemmeno. Casomai conservazione di un tipo di cultura. Non sono una “categoria”, ma sono soprattutto soggetti che hanno il diritto di continuare a vivere la loro esistenza nel e per il mondo.

Ma anche qui: il mondo, nei posti di maggiore valore economico – che poi sono quelli che ancora determinano tutto – vi sono prevalentemente persone anziane. Persone con mentalità formatesi in tempi ben lontani dagli attuali, e che oggi, avendo il potere, ne delegano la gestione solo a manager che fanno, e possono fare, solo i loro interessi, Diversamente li mandano a casa. Questo significa, di conseguenza, che i giovani o si adeguano ad un mondo gestito per gli interessi di persone che di nuovo accettano solo ciò che gli conviene, o restano ai margini. Quindi, che spazi possono avere?

Poi ci sono le eccezione, i casi particolari, i “miracoli” economici promossi e gestiti da giovani. Ma quelli hanno lo stesso bisogno di soggetti disposti a non interferire con il loro modello di successo, e quindi finiscono per diventare subito dei conservatori di tutto ciò che non interferisce con i loro interessi. Umanesimo, quindi, quasi zero. “Non si fanno affari con l’onestà”, diceva qualcuno.

Questi sono solo due degli aspetti di cui si potrebbe discutere rispetto a ciò che dice Andreoli. Al di la di qualsiasi analisi ( di queste ne sono piene le biblioteche ) e delle convinzioni personali, solo il risveglio della voglia di cambiare la formazione ha qualche speranza. Tutto il resto, è noiaaaaaa!!!!!! A-ridiceva qualcun altro. Perché se ai giovani offri un tipo di formazione più finalizzata a farli crescere con individualità forti, non avranno bisogno di spazi, se li prenderebbero. Sarebbero migliori? Sarebbero peggiori? La cosa non ci interessa. Sarebbero loro stessi, e il loro futuro sarebbe il risultato di ciò che sono. Il futuro di quelli attuali sarà, purtroppo e come è accaduto da sempre, solo in parte il loro. Molto sarà condizionato da come li abbiamo fatti crescere. Dovremmo combattere perché sia sempre meno così. Giovani e vecchi.

Un’ultima cosa: se abbiamo il dovere di lasciare il mondo almeno un po' migliore di come l’abbiamo trovato, prima dovremmo capire cosa significa migliore o peggiore. E Andrea ci ha almeno lasciato un’indicazione, una direzione.

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