top of page

L'obiettività

Qui di seguito riporto una lettera scritta da una docente a Draghi in risposta alle sue affermazioni in merito del recupero del “tempo perso” in DAD.

------

“Gentile signor Draghi,

Sono un'insegnante di Italiano e Latino, nel liceo classico di una cittadina della provincia salernitana.

Ho capito che, se perfino Lei, neanche arrivato a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio, sente il bisogno di dire la sua sulla scuola, allora veramente non abbiamo alcuna possibilità di sopravvivenza.

La scuola pubblica, nell'ultimo anno, ha compiuto un "salto" in avanti di almeno vent'anni, rendendo possibile e concreto quello che sembrava futuristico, fantascientifico.

Collegi e Consigli online, video/ audiolezioni in chat, compiti caricati su piattaforme dedicate...

Una rivoluzione copernicana, a costo quasi zero.

Dico "quasi", perché un prezzo c'era, e quello più alto lo hanno pagato gli insegnanti, gli studenti e le loro famiglie.

Gli insegnanti, soprattutto.

Difatti, con uno sforzo silenzioso, con umiltà, con coraggio, si sono rimboccati le maniche, e hanno inventato e realizzato - molto prima delle fumose linee-guida emanate dal ministero - una nuova modalità di "fare scuola", mossi solo dal desiderio di non abbandonare i propri studenti, di conservare con loro la relazione personale, e soprattutto di preservare il progetto educativo con cui accompagnarli nella loro crescita culturale. E nel contempo di continuare a guadagnarsi con onestà il loro "congruo" stipendio.

E mentre gli insegnanti (sempre loro, questi sfaticati!) si arrovellavano per cercare di non perdere uno solo dei loro allievi, sa cosa si scopriva ?

Che l'ora di lezione, benché "ridotta" di un quarto d'ora (in ossequio alle norme di tutela della salute), rendeva almeno il doppio dell'ora canonica di 60 minuti.

Eh sì, caro signor Draghi!

La didattica a distanza ha giocoforza allontanato da sé tutti quegli eventi che ogni giorno, ogni santo giorno, invadevano le lezioni, "prelevando" i ragazzi, che venivano invitati a seguire conferenze su temi culturali, politici, sociali, a offrirsi come pubblico alla presentazione di volumi, ad assistere alle kermesses delle mille università che si mettevano in vetrina.

I nostri ragazzi, merce da scambiare per ossequiare il politico, lo scrittore, lo scienziato di turno, in barba ai loro interessi, alle loro scelte.

E così finalmente la scuola, da circa un ventennio venduta alla pseudo-politica del territorio, si è ripresa sé stessa!

C'era veramente bisogno di un virus venuto da lontano? C'era veramente bisogno di 90.000 morti e non so più quanti ammalati e quanto dolore, per capire che una svolta era indispensabile e soprattutto possibile?

L'amarezza più grande, oggi, è leggere quanto ha sostenuto a proposito del "recupero" del tempo perso in dad.

La frustrazione più bruciante è capire che anche Lei, nonostante i suoi titoli, il suo curriculum, è caduto nella trappola di dire la sua, senza interpellare chi nella scuola vive, opera, soffre quotidianamente.

E soprattutto gioisce:

per la bellezza, per la creatività, per l'empatia, per l'eterna giovinezza di un mestiere meraviglioso, nonostante tutto. Nonostante Lei.

Cordialmente,

Nunzia Pendino”

-------

Alla Sig.ra Nunzia Pendino vorrei dire ( se mai mi leggerà )

è vero, i politici sono responsabili di molti dei mali di cui soffre la scuola. Vero che in molti l'hanno utilizzata ai propri fini e sacrificata al loro più completo disinteresse delle esigenze e del futuro di chi la frequenta per crescere. Vero anche che alcuni insegnanti avrebbero diritto a grandi riconoscimenti per l'impegno e la dedizione al loro ruolo. Però, non sarebbe giusto, proprio nei confronti degli studenti, fare di tutta l'erba un fascio "alla rovescia". E vero che non tutti sono/sarebbero da demonizzare, ma è anche vero che molti, troppi, proprio di quel sistema denunciato da quella insegnate sono causa e complici. Non generalizziamo quindi in nessun senso, e nessuno merita santificazioni che non merita. Insegnati, dirigenti, sovrintendenti, provveditori e ministri, ma soprattutto una bella fetta del sistema sociale che reclamava, e continua a reclamare, robot e non uomini, hanno tutti le loro belle gerle di responsabilità. Troppo semplicistico sarebbe auto assolversi in blocco, e pur nei meriti acquisiti in un periodo così difficile come quelle recente, ogni risultato raggiunto o subito ha sempre bisogno di una giusta e obiettiva analisi e assunzione di responsabilità. Cosa ormai quasi totalmente assente anche in chi quei meriti se li è guadagnati oggi, in questo difficile periodo, ma meno nel passato. E vero che se la scuola ha raggiunto il livello di guardia, e non è ancora degenerata, è merito soprattutto degli insegnanti, ma anche i motivi di quel raggiunto limito è, in gran parte, dovuto ad una categoria che per decenni ha gestito il proprio ruolo, e il proprio comparto non sempre per fini didattico/culturali. Insomma, quando la scuola diventa un lavoro come gli altri anche i meriti ed i demeriti dovrebbero essere più obiettivamente ripartiti. Questo non per denunciare gli errori del passato, naturalmente, ma per sollecitare che non continuino nel futuro comportamenti che, in chi decide di assumersi il difficile ruolo di formatore dovrebbero essere estranei. Chi forma i formatori sono i formatori stessi, e questo, se diventano categoria organizzata e autodifesa, diventa un grosso problema. Soprattutto se manca quella dedizione, che esiste ed è stata dimostrata in questo momento cosi difficile, che sembra scomparire, sovrastata da interessi diversi, in condizioni di "normalità".

Quindi, è vero che prima di parlare molti politici farebbero bene a tacere (chieder loro di informarsi sarebbe veramente troppo), ma prima di chiedere riconoscimenti, anche gli insegnanti dovranno fare molta strada. L’essere bravi nei momenti di difficoltà è una qualità tutta italiana, e non solo degli insegnanti. Il nostro problema è sempre stato quello di riuscire a continuare ad esserlo nei momenti di normalità. Fino ad oggi prova fallita, anche dagli insegnanti. Ecco cos’è l’Illumanesimo in tema scolastico: l’apertura di una discussione obiettiva, prima interna e poi aperta alla politica e alla cultura, su un tema di vitale importanza che riguarda dove vogliamo portare la società, non certo per il numero di ore in classe o in didattica a distanza, al cinema, in un museo oppure ad osannare uno scrittore di grido. La scuola ha il futuro come presente, e uomini a cui garantire la necessaria “qualità” per affrontarlo, e non solo un presente di problemi da risolvere senza prima un’idea di futuro. necessaria “qualità” per affrontarlo, e non solo un presente di problemi da risolvere senza prima un’idea di futuro.

bottom of page