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Le paure sbagliate

Stiamo vivendo, come da ormai molto tempo, un bellissimo momento di cambiamenti, e come sempre avviene quando si cambia si può anche sbagliare. Un esempio classico è quello delle leggi e dei modelli sociali umani. E’ di questi giorni che, dopo un primo decreto sicurezza, è passato il decreto sicurezza bis, e molti, come per il primo, si stracciano le vesti perché lo considerano un enorme passo indietro sulla strada dei diritti di civiltà e umanità.

Hanno ragione, totalmente e senza riserve. I decreti sicurezza pensati da questo governo sono un passo indietro. Ma se vogliamo essere onesti con noi stessi, forse è anche un’affermazione del fallimento proprio di quei diritti e di quelle false conquiste che oggi vengono chiamate diritti traditi.

Restiamo umani, gridano in coro. Spero proprio di no, perché se restare umani deve significare il modello di diritti e di civiltà che questo decreto dichiara fallita, allora ben venga un momento di riflessione; anche se “forzata”.

E’ vero, questo nuovo sistema legislativo non è ne umano ne di buon auspicio per il futuro, almeno in Italia; il mondo sta già andando da un’altra parte da tempo.

Ma il modello sociale che i paladini dei “diritti” violati da queste nuove norme non ha funzionato, e forse faremmo meglio a interrogarci sul perché di questo passo indietro, ed ammettere che ad aver fallito è, prima di tutto, il modello precedente.

Un modello falso, fondato su diritti civili, ma soprattutto individuali, prima di tutto insopportabili da questo tipo di umanità. Quindi, dovrebbero interrogarsi prima di tutto cosa hanno sbagliato, cosa non hanno fatto per preparare le persone a riuscire a sopportare quel tipo, quel livello di diritti che, nella realtà sociale, hanno dimostrato di non essere sopportabili. Infatti hanno miseramente fallito.

In secondo luogo, visto che la strada che avevano intrapreso si è dimostrata fallimentare già adesso, dovremmo, tutti, più che denunciare la violazioni di quelle “conquiste”, interrogarci su quale potrebbe essere una nuova strada da seguire, e un nuovo modello da perseguire, che non sia una inutile ritorno al modello precedente.

Stracciarsi le vesti per qualcosa che ha fallito è solo un comodo alibi per non ammettere i propri errori, e un modo per non doversi impegnare a pensare un modello diverso. Questo atteggiamento rischia di diventare la solita, e consentitemi di dirlo, banale, conferma del più becero conservatorismo. Voler conservare anche ciò che non funziona, pur di salvare quella che chiamiamo cultura, ma che nella realtà altro non è che paura del nuovo, si rischia di ripetere un male già conclamato.

Quindi, considerato che il momento di cambiamento che stiamo vivendo, questo segnale di necessità di qualcosa di nuovo, per quanto sbagliato possa essere non è certo il futuro definitivo, ma solo un provvisorio – penso e spero io – momento di arretramento. Come tale, con la giusta attenzione, e con un minimo di impegno libero dalle paure, può diventare persino qualcosa di positivo, di molto positivo. Sta a noi, e non certo a quelli che, oggi, fanno leggi sbagliate.

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