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Responsabilità e incredibilità.

Quante conoscenze individuali sono state riposte nel cassetto mentale dell’incredibile! Una parte della mente che non serve alla memoria, ma serve a nascondere fatti troppo eclatanti per essere sopportati e gestiti coscientemente.

È successo con il nazismo, con le stragi collettive del post fascismo, con molti stermini di massa su base etnica, ecc. ecc., tanto per citarne i più. Ma questo avviene molto più frequentemente di quanto si immagini, ed anche per problematiche molto meno “eclatanti”, ma per questo non meno gravi. Un esempio dei nostri giorni è quello degli incredibili crimini noti come i fatti di Bibbiano, oppure ciò che avviene nel mondo del lavoro, bianco è nero, dove veri e propri schiavi vengono legalizzati dall’indifferenza sia dello stato che dei cittadini. Veri e propri crimini, quelli commessi sui dei bambini gestiti da alcuni servizi sociali del nostro paese, ma questi sembrano diventati fatti sostanzialmente rimossi, ignorati socialmente, e veri e propri crimini quelli commessi con lo sfruttamento di poveri immigrati ( ma non mancano anche italiani), nei campi e nelle fabbriche della “civilissima” Italia. Persino in un periodo storico come il nostro, avido di notizie di ogni genere, e dove anche il furto di una mela diventa notizia mediatica collettiva, queste vicende, essendo di una gravità quasi unica nel panorama dei crimini sociali, sembra siano state rimosse sia collettivamente che individualmente.

Se a questo aggiungiamo che, per esempio, Bibbiano pare essere solo la punta di un eisbeg di un vero e proprio sistema economico, e molti altri misfatti impronunciabili dello stesso tipo potrebbero essere stati perpetrati in quel mondo, la gravità della rimozione diventa ancora più insopportabile

Naturalmente, questo atteggiamento è anche una forma di autodifesa, che si trincera, spesso, anche dietro il concetto di irresponsabilità personale rispetto al più ampio, al collettivo. Infatti, essendo il concetto di responsabilità sempre personale, una società organizzata in comparti sempre più specialistici, è sempre di più disposta ad accettare l’assoluzione di chi, operando in ambito specialistico, e quindi parziale, può auto-assolversi, ed essere assolto, da ogni responsabilità rispetto al collettivo. Insomma, ogni azione, anche la più sbagliata, rischia di poter essere legalmente ed eticamente collocata in un altro cassetto mentale, quello dell’irresponsabilità personale.

Un atteggiamento molto, troppo comodo per molti, e la sua limitazione sta diventando sempre più difficile. Infatti, persino la legislazione sta iniziando a seguire quella strada.

Una delle poche strade percorribili per cercare di limitare quella che poi finisce per diventare la nostra indifferenza personale verso qualsia nefandezza di cui veniamo a conoscenza, o alla quale partecipiamo in parti talmente minime da consentirci di auto dichiararci innocenti a prescindere, penso sia quella della riscoperta, e della rivalutazione del freno della “vergogna” sociale, oppure quella del rafforzamento del coraggio individuale; cosa altrettanto, se non più difficile della precedente, perché molto indebolita dalla comodità dell’irresponsabilità.

Rivalutare il giudizio sociale - ma non assieme a quello del suo timore, perché in quello si nasconde il demone delle paure manipolabili (Idealismi, credenze e religioni di massa sono li a dimostrarlo). No, rivalutare il giudizio sociale assieme al dovere del rispetto dell'altro. Un principio vecchio come il mondo, ma illumanista totale, e persino molto semplice ed efficace; anche se di difficile ri-attuazione, considerando il livello da cui si dovrà ripartire anche solo per discuterlo.

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