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Un duro lavoro

“…..l’umanità è andata avanti soprattutto attraverso lo slancio. Però l'esperienza insegna anche che, nella società umana, quando si creano certi attriti si finisce col rallentare l'insieme della ricerca. Quindi, siete tutti chiamati a un lavoro molto duro per il futuro. Se veramente volete andare avanti, se cioè non volete soltanto limitarvi ad ascoltare la mia voce, ma volete costruire qualcosa per la vostra disciplina, il lavoro che vi si presenta è lungo, duro e difficile.

E' un lavoro che può dare molta soddisfazione, e anche molta gloria, perché siete come pionieri in una terra sconosciuta. Tutti coloro che hanno un po di cervello dovrebbero capire che, attraverso queste discipline giovani, è possibile lavorare e manifestare il proprio talento e anche le proprie ambizioni (mettiamoci anche quelle).

Le discipline giovani possono offrire scoperte giorno per giorno. Ipotesi di lavoro brillanti, che probabilmente cadranno anche, come tali, ma che potranno dare una tenuta all'orgoglio (anche alla vanità), a ciò che, per alcuni, sono gli elementi negativi dell'uomo e che per me, invece, sono la molla per andare avanti. In fondo, l'umanità è stata trascinata sempre da molti ambiziosi. Senza l'ambizione si fermerebbe il cinquanta per cento dell'attività mentale dell'uomo. Questa è una molla necessaria e indispensabile che si può coltivare anche nei giusti binari, e quindi, in questa vostra disciplina c'è posto per tutti.

Molto dipende da voi, perché ciò che andrete a fare domani (e parlo di un domani non lontano, non storico, e quindi lontano, ma di un domani prossimo) impegnerà tutti voi in una gara di coraggio e di resistenza, di tenuta, di lavoro, di studio. E’ dunque necessaria una perfetta unità, almeno tra chi ha conoscenza di questa impostazione esistenziale.” (A)

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Questa esortazione risale al 1973, e com'è andata a finire lo sanno bene quelli che conoscono la storia. Dopo quasi 50 anni di giovani che abbiano voglia di accollarsi quella "fatica" non se ne vedono, e questo non perché sia affievolita la "necessità" di cambiare, ma più a causa di un modello sociale che sembra aver anestetizzato nei giovani ogni capacità di impegnarsi a lungo termine.

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