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Sankara cercasi

Il nuovo paradigma filosofico esistenziale che abbiamo chiamato Illumanesimo non è, non vuole e non potrà mai essere qualcosa di teorico, di staccato dalla realtà concreta della vita dei singoli individui. Per questo la sua realizzazione sarà possibile solo grazie agli uomini che per questo si impegneranno, si batteranno, ma soprattutto che inizieranno a viverlo.

Nell’Illumanesimo non c’è niente di “speranzoso”. La speranza non può essere alla base di questo movimento, ma solo gli uomini, con la loro condotta di vita, devono e possono essere la sua piattaforma. I singoli, le necessità individuali che iniziano a diventare vita vissuta possono consentirne l’avvento.

Ognuno, nel proprio piccolo, ha quindi la possibilità di contribuire alla crescita di questo “progetto”. Progetto che non deve quindi essere visto e idealizzato come una speranza ma che può essere solo e semplicemente vissuto, o almeno proposto per le nuove generazioni.

Questo però non toglie che qualcuno in grado di costruirgli attorno un alone di speranza da utilizzare come modello di riferimento possa essere utile. Anzi, probabilmente questo passaggio sarà inevitabile, e ad oggi, coscienti della lentezza con cui si muovono di solito i cambiamenti sociali, anche auspicabile.

A questo scopo la migliore delle speranze, forse la più utile, non è quella che l’Illumanesimo diventi di per se una speranza, ma che trovi, prima o poi, un proprio Sankara. Un uomo (o più uomini) in grado di dare voce a chi voce fa sempre difficoltà ad averla ed a prendersela. Un uomo che sappia essere però anche molto concreto, con la capacità di ricondurre i principi di fondo dell’Illumanesimo al concreto della vita vissuta, che sappia proporre un accostamento concreto di questa prospettiva filosofica con il concreto dell’organizzazione sociale, e che sia in grado di contrastarne le naturali e inevitabili resistenze (possibilmente senza dover fare la fine del nostro eroe degli ultimi).

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