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W le donne, ma ….

La necessità di affermazione del se nell’universo femminile, che per fortuna da tempo e diventata quasi una regola e una bandiera, fino ad oggi è stata “applicata” con l’estremizzazione dell’estetica e dell’uso del proprio corpo e delle rivendicazioni intorno a diritti a questo legati.

Questo è stato un grosso errore, un errore che è nato pensando che riappropriandosi del controllo dell’indubbia e potente forza che la loro fisicità esercita sull’uomo potesse essere sufficiente a farle uscire dal ruolo che hanno rivestito da troppo tempo e in troppe culture, anche molto diverse tra di loro.

Un grosso errore, perché se da una parte questo le ha esposte al giudizio e al controllo da parte dell’uomo, dall’altra ha portato molte di loro a utilizzare il corpo, e non strumenti più culturali, per rivendicazioni che invece potrebbero e dovrebbero essere affermate per una via meno legata a questo loro potente strumento.

Un grave errore che, se da un lato da loro anche gratificazioni e illusioni di libertà a breve termine (la femminilità in questo gioca un ruolo travolgente e quasi incontrollabile ), dall’altro le penalizza e le spinge a perpetrare in questo tragico gioco/errore che, temo, farà loro sempre più male.

Questo non vuol certo significare che dovrebbero rinunciare alla femminilità, ma solo che dovrebbero smettere di rendere strumento di lotta il proprio corpo, perché, purtroppo per loro, ma anche per la controparte, l’uomo, il quale fa molta difficoltà a riuscire a seguirle per questa strada, questo ha come risultato l’effetto opposto a causa di quella forza di attrazione di cui sopra, forza che nemmeno loro riescono a controllare, e che, per inevitabile conseguenza, finisce per diventare causa di molte e inutili sofferenze per tutti.

O le donne capiscono questo, e riescono a mettere in campo strumenti diversi, come il lavoro culturale sui figli intorno all’interiorità individuale ed al suo valore e sacro diritto ad essere rispettata indipendentemente dal genere, o nessuna speranza di uscire dal tunnel in cui la loro fisicità le costringe da sempre. Certamente in questo dovranno trovare la forza e il coraggio di pretendere la collaborazione della cultura e del mondo della formazione, ma se consideriamo che la stragrande maggioranza del corpo docente è di genere femminile, questo basta a far ritenere che una presa di consapevolezza di questo diverso tipo di approccio al problema potrebbe essere risolutivo in ermini anche abbastanza brevi: deu, tre generazioni.

Naturalmente sarebbe un investimento per il futuro, e anche una rinuncia culturale, e anche questo è un dolore da mettere in conto, ma sicuramente sarebbe un investimento con prospettive molto più vantaggiose considerando che l’altro tipo di rivendicazioni sono e sarebbero e saranno anch’esse dolorose e, temo, senza termine.

Un nuovo approccio di tipo illumanista ad un problema molto doloroso per “altra metà del cielo”, ma anche doloroso, lo vediamo nel nostro tempo in molte parti del mondo dove l’emancipazione femminile e vissuta con grande difficoltà e tragici risvolti, per l’intera comunità umana; e il rischio di esacerbare il conflitto di genere è moto meno improbabile di quanto si pensi.

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