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Grazie a chi resta

I discorsi di fine anno erano incentrati sull'emigrazione dei giovani; lo ha fatto il papa e lo ha fatto il presidente italiano. Ambedue, affrontando il problema, lo hanno fatto mettendo in risalto tutta la loro comprensione per chi se ne va in cerca di lidi più favorevoli.

Le loro dichiarazioni, se lette nella giusta ottica, sono però prima di tutto dichiarazioni non di comprensione ma di ammissione del fallimento della politica del lavoro e verso i giovani da un lato è del fallimento nel DOVERE di una società di far crescere uomini forti è in grado di cambiare, lottando senza fuggire, le cose che non funzionano nella loro società. Quindi il fallimento nella formazione di uomini con la capacità di affrontare le difficoltà combattendo e lottando per se e per il futuro dei propri ambiti sociali.

Il presidente, da politico, si è però guardato bene da ammettere le proprie responsabilità e incapacità a svolgere un lavoro che svolge ormai forse da 50 anni, e nel quale ha miseramente fallito; e questo è umanamente “naturale perché l’uomo più sta bene meno è capace a mettere a rischio il proprio benessere anche a scapito di tutti gli altri” – e data la vigliaccheria di chi vive di rendita è nel terrore di perderla non si può nemmeno sperare nel fatto che ne tragga le giuste conseguenze –.

Il secondo, allo stesso modo, si è ben guardato, come fa la chiesa da secoli, di ammettere di contribuire a diffondere falsi modelli basati sulla speranza , ignorando totalmente e volutamente modelli sull’impegno diretto e concreto per il rafforzamento delle capacità critiche degli individui; non sia mai!! Potrebbero voler cambiare anche il nostro stato ed i nostro status. Quindi i loro bei discorsetti sono inquadrabile più in quest’ottica di comodo, discorsi che tutti però si sono affrettati a rilanciare e condividere; segno che è il sistema nel suo complesso a non “voler” comprendere, e non solo i suoi vertici.

In questo sistema io includo – e so che è scomodo farlo - però anche gli stessi giovani che se ne vanno. Vero che possono essere considerati anche vittime, ma vittime erano anche molti di quelli che in tempi anche molto peggiori di questi hanno scelto di restare e lottare fino allo sfinimento per cambiare e rilanciare un paese in rovina, e sono stati loro, quelli che sono rimasti, che hanno fatto il lavoro sporco e difficile del rilancio ed hanno fatto l’Italia del benessere in cui molti dei loro genitori hanno avuto la possibilità di vivere, e non sono stati certo quelli che allora se ne sono andati “in cerca di fortuna”.

I tempi sono cambiati, ci dicono e ci ripetono. Fare esperienze all’estero è un bene e “un dovere”, ci ricordano. Vero, verissimo. Ma questo vale in virtù di una motivazione adeguata, quella di decidere di andarsene per fare veramente solo un’esperienze, ma mai quando, come sta avvenendo di nuovo in questi tempi, questa necessità di fare esperienza serve a camuffare la fuga dalle difficoltà di un paese che potrà cambiare solo se a cambiarlo saranno i giovani. Nessuno dovrebbe poter continuare a illudersi che a cambiarlo possano essere quelli che lo hanno ridotto in queste condizioni sociali e economiche. Non sono capaci.

Se l’Italia si riprenderà, come è sempre accaduto e accadrà, non sarà quindi grazie chi sfrutta le occasioni all’estero camuffate da esperienze, ma che nella realtà garantiscono di non dover lottare, ma di chi sarà rimasto.

Un grazie a tutti costoro - e per fortuna sono i più e i più forti - è quindi doveroso. E’ doveroso perché è anche un segnale vero di Illumanesimo, perché Illumanesimo è cambiamento, e chi vuol cambiare veramente non se ne va dicendo: scusate un attimo, me ne vado a fare una piccola esperienza e torno quando avrete rimesso le cose a posto e tutto andrà meglio.

Grazie di cuore a chi resta.

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