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L’utopia collaudata per il fallimentare

Le utopie sono il propellente per uscire dalle situazioni impossibili, ma se si pretende di inserirle in un modelo sociale che per gli obiettivi che si intendono perseguire è dimostratamente fallimentare, senza avere il coraggio di lasciare che siano le future generazioni a decidersi il modello a cui riferirsi, allora anche le utopie partono con le ali tagliate.

Inoltre: (Cit.dal pezzo di De Bortoli ) “La domanda che dobbiamo porci è se eravamo più generosi e attenti nei confronti dei giovani o degli ultimi quando eravamo più poveri”

Temo di essere inutilmente lungo e tedioso ( a che serve esserlo se per cambiare le cose debbono prima cambiare gli uomini; e questi hanno bisogno di generazioni e generazioni per cambiare, sia in meglio che in peggio) ma vorrei ricordare che oggi siamo ciò che siamo, che abbiamo il sistema sociale, etico, morale ecc. che abbiamo provenendo proprio da quel periodo dove si pensa che eravamo più generosi e attenti nei confronti dei giovani. Se fosse cosi forse abbiamo sbagliato qualcosa proprio in quel periodo, e quello sbaglio ce lo siamo portati dietro, inevitabilmente, per generazioni, fino ad oggi. Comunque il “come eravamo/erano buoni, belli e bravi “ non mi ha mai convinto del tutto.

Forse nemmeno allora eravamo tutto quello. O se lo eravamo anche solo un po’ non lo abbiamo saputo, o non lo abbiamo voluto, preferendo modelli diversi, trasmettere proprio ai giovani.

Per fortuna i giovani di oggi dimostrano di saper essere migliori da soli, e forse ancora migliori saranno quelli di domani ( i segnali di un’inversione di tendenza di fondo si iniziano a intravedere in molti settori) . L’unica speranza credo sia quella di trovare il coraggio di smetterla di imporgli il modello sociale, il modello etico, il modello morale, il modello culturale che a noi piace tanto ma che non abbiamo il coraggio di ammettere che ha fallito in troppe sue parti, e soprattutto non è detto che vada bene per loro, oggi e domani.

Una società che ha fallito che si arroga la pretesa di trasferire un modello di vita, per giunta vecchio, alle nuove generazioni è una società irresponsabile. Se poi per farlo si rifà ai soliti e patetici modelli di chi si spaccia addirittura per conoscitore del senso della vita, allora diventa criminale; come lo è stato fino ad oggi e temo, proprio per i tempi lunghi di cui sopra, continuerà ad esserlo ancora per un bel po’. Perché in fondo siamo troppo stupidi per ammettere a noi stessi di voler trasferire favole collaudate come fallimentari spacciandole per validi modelli. L’unica tesi a sostegno in merito a ciò che pretendiamo di trasmettere è, infatti, quella, altrettanto stupida, del: se non avessimo avuto quei modelli sarebbe stato peggio. E come lo sanno costoro? Ne sono solo convinti, ne sono innamorati, e vittime, inconsapevoli. Ci sarebbe anche la tesi dei soliti “pochi che sbagliano” del” sono gli uomini che sbagliano e non i modelli a cui fanno riferimento. Ma questa seconda è talmente banale, essendo la società fatta, ieri, oggi e domani, di uomini, che non merita nemmeno di essere commentata.

Però, ripartire, ritornare al passato sarebbe come voler riaprire un vecchio pacchetto dei regali sapendo già cosa c’è dentro e, soprattutto, sapendo che non ci piacerà perché non ci porterà niente di buono.

Per il resto solita retorica, solite belle parole e buoni propositi, ma coraggio, e utopia innovativa (l’oro delle società), zero. Insomma: quello che si propone è un’utopia già collaudata come fallimentare. L’Illumanesimo è ben altro.

Ma se, pur se fra qualche aspetto positivo presente in questo scritto, si continua a far cultura così: da Gariwo-la foresta dei giusti. 

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