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I geni atei e quelli fideisti

Secondo ricercatori britannici l’industrializzazione ha favorito l’ateismo e il proliferare di mutazioni genetiche, che sarebbero minori nei soggetti religiosi, più sani e longevi. ( Fanpage.it )

Certo che confondere l’ateismo con l’industrializzazione e le mutazioni genetiche è un bell’azzardo. Ma per capire che l’industrializzazione ci ha e ci sta trasformando in pappe molli non serviva certo la conferma scientifica; basta guardarci allo specchio. E nemmeno per confermare il ruolo placebo, anche a livello sia fisico che psicologico, delle fedi.

Più interessante è invece l’aspetto che definiremo di “utilità” dell’una piuttosto che dell’altra conseguenza in fatto di modificazioni genetiche.

Ogni modificazione è cambiamento, e ogni cambiamento è movimento, e come tale possibilità di conoscenza. Maggiore è il cambiamento maggiore sarà la conoscenza acquisibile e con essa la crescita della consapevolezza dell’individuo; da qui l’Illuminismo prima e l’Illumanesimo poi.

Ecco che questo tipo di ricerche nella loro parte più interessante per noi, che coincide poi con quella meno interessante per i suoi realizzatori, ci conferma che avere fede, a parte i vantaggi che si potrebbero avere con un tipo di vita più “regolare”, è sconveniente da un punto di vista della conoscenza e della possibilità di fare esperienze di vita quanto più possibile diverse. Fede quindi equivale a meno cambiamenti e quindi più tranquillità, ma di conseguenza meno conoscenza. Un mondo quindi rallentato e meno “sfruttato”. E questo è molto deleterio perché questo stato di quiete rallenta di molto il naturale processo materiale di cambiamento, e se da un punto di vista fisico, di benessere fisico e di pace psicologica questo può essere letto in chiave positiva, dal punto di vista della vita non lo sarebbe affatto.

Poi ci sono le classi conclusioni sconclusionate alle quali spesso giungono i ricercatori; ma questo è un dettaglio noto e poco significativo.

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