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La verità e il consenso politico.

Quello del giudizio personale elevato a verità è sempre stato un problema della politica ( ma quanto è inevitabile?). Il politico, che per natura dovrebbe essere ( ma quando mai!!!!!!) semplicemente l’espressione dei cittadini, diventa il creatore di verità superficiali più basate sulle proprie convinzioni, sempre poco fondate su dati oggettivi e molto su credenze personali, e idee mediocri, che su conoscenze specifiche ed approfondite. Questo si è ampliato molto con la politica del Leader, con i capibastone carismatici in grado di catalizzare su di se il consenso indipendentemente dalle competenze reali. Il partito di vecchia concezione poteva, teoricamente, compensare alle mancanze dei più con la pluralità e i gruppi di lavoro specifici ( ma anche questo si era drammaticamente deteriorato con la politica del consenso degli ultimi tempi ).

Se oggi volessimo ipotizzare una politica futura basandoci su questo aspetto dovremmo gettare sconsolatamente la spugna. Io voglio invece essere ottimista e vedere il classico bicchiere mezzo pieno andando a spingere lo sguardo la dove il futuro è già presente: nei giovani. Vedo in loro molta voglia di riportare nella politica il concetto di competenza, e vedo riaffiorare il concetto di gruppo a discapito di quello del Leader ( capisco che parlare di questo oggi può sembrare un paradosso ma forse non lo è ). Se la politica riuscirà a scrollarsi di dosso il problema del consenso nel futuro vedo molti spiragli per far affermare sempre di più la competenza e meno le opinioni di questo o quel “IO” che spara verità assolutamente astruse da conoscenze reali dei problemi in discussione.

In questo spiraglio intravedo anche un concetto affine a quello illumanista specialmente quando tenta di riportare la polis più vicina al concetto di espressione di quella che è la reale e fondata conoscenza di un determinato momento storico allontanandola da quello di polis intesa come semplice espressione di una media teorica la quale, di solito, tradisce persino i successi di conoscenza raggiunti dal progresso dell’uomo pur di raccogliere il consenso invece di partire da quelli per cercare di superarli e ampliarli in favore di tutti. Il male quindi è, credo, la necessità del consenso che diventa il faro di ogni azione. Un sistema dove questa necessità sia emarginata la politica potrà diventare il luogo dove le conoscenze reali sono le verità da cui partire per organizzare, senza l’assillo della ricerca del consenso, il bene comune.

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