top of page

Scuola e scintille

Il “momento” dell’infanzia è quel tempo che passa troppo in fretta, e che oggi, a causa della velocità che gli imponiamo, passa anche senza essere ricordato. Se i bambini di 100 o 50 anni fa riuscivano a ricordare per tutta la vita alcuni passaggi, alcuni momenti salienti della loro infanzia, è perché avevano il tempo di viverli lentamente, con partecipazione e senza la pressione di dover passare a fare qualcos’altro. Oggi questo è sempre più difficile da trovare. Ma da solo nemmeno quel tempo, quella lentezza era sfruttata per la giusta attenzione e la giusta riflessione rispetto agli interessi individuali dei giovani. Si aveva più tempo, ma non si sapeva e non veniva insegnata la ricerca delle specificità e degli interessi individuali.

Oggi la situazione è peggiorata, perché a quel disinteresse per la ricerca individuale si è perso quella “lentezza”, e in questa frenetica corsa raramente i bambini di oggi riescono a trovare il tempo per scoprire quale sia la loro personale inclinazione, la personale scintilla di interesse prevalente. Scintilla che, come tante persone che nella vita hanno avuto la fortuna di seguire la propria inclinazione, come chi è riuscito ad alimentarne a volte anche debolissimo segnali iniziali, ha consentito loro di trarne spesso un benessere interiore, e anche una soddisfacente ragione di vita.

La massima confuciana: “Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita”, dovrebbe essere alla base “filosofica” della scuola di ogni ordine e grado. Ognuni attività formativa dovrebbe essere fondata sul principio di far scoprire ad ogni bambino quel fuoco, quel “lavoro”. Invece la scuola è organizzata per formare pedine che servono ad altri, ed a questo si è svenduta.

Oggi, raramente i bambini hanno la capacità e il tempo di cercare e coltivare ognuno ciò che è. Raramente si comprende che sarebbe importantissimo insegnare, e imparare, che è proprio a quella età, dai 5 ai 15 anni, che si deve cominciare. A 5 si inizia a imparare a cercarli, a 15 si continua e si impara a coltivarli. Ed anche se non si scoprono, se non si mostrano subito, se si mostrano o si scoprono in seguito, si sarà imparato a riconoscerli.

L’abuso della tecnologia contribuisce non poco a questo “delitto”. Ma non perché la tecnologia sia un male, ma perché porta soprattutto ad avere una mente superficiale e veloce; e questa capacità non è un vantaggio. La tecnologia, e spesso la scuola che ne segue sempre di più i modelli, non contribuiscono ad insegnare a sufficienza che serve fermarsi ad interrogarsi su quello che interessa veramente ad ogni singolo bambino. Raramente il bambino ha il tempo di fermarsi a pensare se quello che sperimenta può suscitare una scintilla di interesse maggiore rispetto a tutte le altre esperienze. Raramente, e solo in quelli che hanno quella scintilla di valore molto più accentuato rispetto alla media, questa spinta si manifesta da sola, senza il bisogno di andarsela a cercare. Per la maggior parte degli uomini c’è bisogno di cercarla, ma soprattutto di imparare a guardarsi dentro per sperare, magari anche più avanti, di scoprirla. Per riuscire a farlo serve però la necessaria calma, serve il tempo necessario per potersi analizzare in modo sufficientemente profondo, e serve saperlo fare. Serve avere una mente indirizzata all’attenzione ed alla ricerca di questi segnali. Questo perché spesso si tratta di segnali debolissimi. Ma se ci sono - e spesso questi segnali ci sono, perché ognuno ha un sua scintilla che brilla più delle altre – serve imparare a guardarsi ed a sentire le differenti sensazioni di interesse per le cose del mondo. Se nonostante tutto questo lavoro quella scintilla non la si trova si sarà almeno imparato a vivere guardandosi dentro, a confrontarsi in modo più critico ed analitico con se stessi e il fuori i noi. Seguendo il modello di quel mondo che corre, e che vorrebbe che sapessimo solo voler sembrare ed essere ciò che ci viene richiesto da fuori, si può diventare solo buoni corridori.

A volte serve provare e sperimentare mille cose prima di scoprire quella scintilla, ma correndo non sarà mai possibile vederla - almeno che non si tratti di un vero e proprio fuoco -. Correndo come ci impone il nostro tempo rischiamo di vedere solo un mondo sfuocato dalla velocità. Provate a chiedere al più veloce dei piloti di macchine quanti dettagli riesce a focalizzare mentre corre! Quasi nessuno.

La scuola deve imparare tutto questo. Un nuovo modello che ha bisogno di essere pensato con spirito formativo di tipo umanistico e illumanistico; e per questo ci sono già interessanti esempi (Montessori, Steiner) dai quali trarre spunti interessanti. E poi, sono sempre valide le parole di Noem Chomsky: “La vera istruzione è insegnare alla gente a pensare da sola “ , e senza correre si pensa meglio, aggiungo io.

Tutto questo sarebbe bellissimo e utilissimo, ma prima di tutto sarà necessario formare i formatori. E il problema maggiore è che la maggior parte di loro pensa di essere già sufficientemente pronto per fare tutto questo. Cosa che, illumanisticamente, vediamo ancora molto lontana dalla realtà.

bottom of page