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L’accezione

/ac·ce·zió·ne/

  1. Ciascuno dei significati con cui un vocabolo viene usato o accolto in una lingua.

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L’accezione che ogni termine finisce per assumere all'interno di una lingua dovrebbe sempre avere alle spalle almeno un minimo di collegamento e una consapevolezza di “valore”. “Valore” che solo un significato supportato da un ragionamento validante, anche in ambito logico, può assegnare.

Se questo valore può essere presente nei termini più recenti (ed a volte lo è, anche se in passato questa necessità è stata ben poco richiesta), col passare del tempo, con il modificarsi delle conoscenze e dei riferimenti culturali molti di questi, in particolare quelli legati a significati più astratti, perdono quel contatto, fino ad assumere significati e riferimenti a volte anche molto diversi, e sempre più privi di quel rapporto/supporto. Il disinteresse, l’abitudine, e persino la malafede a utilizzarli nonostante tutto, ed a volte persino per finalità non sempre nobili, fa il resto.

Potremmo fare un elenco lunghissimo di termini ormai totalmente svuotati e slegati da quel rapporto. Vocaboli stravolti e strappati alle loro origini (giuste o sbagliate non ha molta importanza) che continuano ad essere utilizzati nonostante il loro totale distacco da tutto ciò che li ha validati in origine. Tra tutti questi vocaboli, alcuni, come Libertà, politica, democrazia ecc. avendo un rapporto più condizionante e diretto con il sistema sociale, ed altri come anima, spirito, valori, conoscenza, esperienza ecc, più legati alla sfera personale - ma non per questo meno importanti ( anzi ) - richiederebbe una maggiore attenzione di altri, perché se e quando sono questi a perdere quel riferimento, a diventare vuoti, diventano molto più pericolosi di altri. Il pericolo maggiore finisce per farsi sentire nella perdita di speranza, e con questa nella perdita di stimoli e prospettive, ma soprattutto incide sulla crisi di tipo individuale, in particolare rispetto al senso della vita in ambito individuale - purtroppo, quello collettivo è ancora in mano a organizzazioni “criminali” che dell’individualità hanno fatto e continuano a fare business -. Una situazione che rischia di portare diritti diritti verso un pericolo grave e diffuso: il nichilismo individuale e collettivo. Questo si, un vocabolo che sembra essere l’unico a trarre forza da quello svuotamento.

L’Illumanesimo non ha certo la pretesa di porsi come suggeritore unico di questi nuovi rapporti, di queste significanze - pur avendone tutti i riferimenti necessari -, ma auspica e promuove questa operazione con tutte le forze possibili.

Si, questa è una posizione dettata anche dal fatto che l’Illumanesimo sarà possibile solo come un risultato. Cioè, l’Illumanesimo sarà realizzabile e realizzato se saranno prima riformulati nuovi termini e nuovi valori. Solo se molti di questi vocaboli saranno rivisti nei significati, rivisitati nel processo di definizione, della logica che li sostiene ed nei presupposti da cui si originano l’Illumanesimo potrà diventare cultura diffusa e condivisa. Magari alcuni di questi sarà persino meglio sostituirli con altri più attuali e più aderenti al nostro periodo storico. Ma soprattutto perché riteniamo che questa sia un’operazione molto importante, indispensabile se vogliamo avere un minimo di prospettiva per il futuro della nostra comunità. Una comunità come quella attuale, che del nichilismo sta facendo esperienza diretta e profonda perché è alla ricerca disperata, ma ancora inconsapevole, di nuovi valori. Valori che non potranno però essere definiti da vocaboli ormai vuoti, non solo nella loro sostanza ma soprattutto nel loro uso. Un vuoto che si trasforma in vuoto personale e collettivo molto doloroso e pericoloso.

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