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Il senso di colpa e i tabù

Se ci pensiamo, il concetto di “senso di colpa” è, quasi sempre, qualcosa che, quando sorge, si riferisce a qualcosa di “sbagliato” precedentemente, e serve, quando sorge e quando serve, a porsi in una condizione di riconoscimento di un errore precedente. Stato di “colpa” che può durare un secondo, come tutta la vita. Ma questo può essere anche una grande esperienza, utile ad evitarci di ripetere lo stesso errore. Ma quando si riferisce a qualcosa che sorge per evitare, bloccare, condizionare un qualche comportamento futuro, per quanto immediato, definirlo senso di colpa credo sia sbagliato. Mi piace più chiamarlo tabù, norma etica, condizionamento culturale o ideologico, e anche quando non riusciamo a liberarcene, essendo i più delle volte inconscio, difficilmente lascia quello che, a posteriori, può essere definito “senso di colpa”.

Proprio il nostro periodo storico è diventato, diversamente da quanto avveniva anche in un recente passato, più povero di questi “freni” bloccanti, e ricchissimo della mancanza di sensi di colpa di ogni tipo. In questa situazione, che è anche un grande segnale di bisogno di cambiamento, oggi sta a noi stabilire quali potrebbero e dovrebbero essere i “freni” utili a una migliore convivenza sociale e individuale, e quali sono i sensi di colpa sbagliati, inutili e dannosi. Quali cause dei “sensi di colpa” sono inutili e da cercare di eliminare e quali freni mantenere. E questo non è qualcosa di banale e di astratto, perché coinvolge un aspetto vitale persino per il futuro dell’umanità: i valori che dovranno sostituire quelli oggi decadenti. Questo ha una valore altissimo, e proprio l’Illumanesimo può fornire molti riferimenti utili a questo tipo di scelta.

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