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I paletti (2)

I paletti di cui parlavo in termini più generali in un post precedente, rispetto al pericolo di una massificazione, di un appiattimento dell’esistenza, necessitano una definizione un po' più precisa e dettagliata.

Il post precedente prendeva spunto da un esperimento scientifico, e rispetto a questo ambito dobbiamo dire subito che cercare di fermare la scienza sarebbe, credo, quasi impossibile. Questo pero non significa che chi fa ricerca possa spingersi impunemente oltre i limiti di un determinato periodo storico senza, prima, fondare le sue azioni su un preciso paradigma esistenziale che non sia solo quello del diritto a scoprire, ed a quello che viene chiamato progresso. Per esempio, in ambito scientifico ci preoccupiamo, ci agitiamo subito se, per esempio, la scienza va a scalfire le convinzioni che abbiamo intorno al momento del concepimento degli esseri umani, ed all'idea che abbiamo su come deve essere generato un corpo. Ma non ci preoccupiamo quasi per niente se le scoperte scientifiche tendono - e lo fanno sempre di più - a eliminare ogni elemento di diversità quando la vita la viviamo, e quando le conseguenze del modello sociale finiscono per eliminare le diversità e le opportunità di diversificazione esistenziale.

Una tendenza molto accentuata, particolarmente in questo periodo storico, a causa della pervarsione generalizzata della scienza, dell’economia e della tecnologia. Tre forze travolgenti che stanno attraendo ormai la quasi totalità delle menti livellando, in basso, persino il concetto di paradigma esistenziale.

La ricerca scientifica, ma anche le altre due forze, non possono essere fermate, ma non possono nemmeno pretendere di essere totalmente esentate da responsabilità rispetto anche a questo rischio che inizia a presentarsi.

Se vogliamo garantire il genere umano dobbiamo trovare un modo di evitare errori irreparabili. Non possiamo permetterci di trasformare la vita in qualcosa dove la complessità, la diversità, che sono sempre esistite, e sono “il sale” dell’esistere, spariscano a causa di un sistema che, se pur finalizzato al benessere dell’uomo, siano spinte al limite, fino a evitarci ogni elemento di attrito. Se raggiungessimo quel livello, l’uomo perderebbe ogni senso dell’esistenza, e la vita diventerebbe insopportabile.

Tutti, oggi, devono essere belli, sani, ricchi e felici. E il modello sociale sembra aver assunto il ruolo di convincitore di questa possibilità. Purtroppo, una società che fonda il proprio esistere sulla promessa di questi falsi miti non può che avere successo. Ma questo non significa che se tutti raggiungessero questo risultato, se tutti diventassimo ricchissimi, tutti sanissimi, tutti buonissimi, saremmo felici anche individualmente. Probabilmente nemmeno un mondo di questo tipo, con tutti gli uomini felicissimi e appagati in ogni loro desiderio e necessità, sarebbe un mondo auspicabile. Anzi, nel lungo periodo diventerebbe un mondo assolutamente invivibile, monotono, e dal quale fuggire quanto prima possibile. Ma questo non per colpa di quei vantaggi, ma per impreparazione dell’uomo a questo tipo di esistenza.

Stiamo cercando di abolire in modo totale e permanente il dolore, le malattie ecc. Stiamo cercando di offrire a tutti una vita sana, felice, ricca e spensierata, ma non ci preoccupiamo minimamente di imparare a vivere quel promesso “paradiso terrestre” che vorremmo raggiungere. Meta utile solo se raggiunta con sulle spalle il bagaglio di un’adeguata capacità a prestare attenzione alla nostra vita. Attenzione che prestiamo a noi stessi ed alla vita solo quando soffriamo, quando siamo infelici ecc. Questo è uno dei paletti che dovremmo porci. Dovremmo, già oggi, preoccuparci di imparare ad arrivare a quel benessere accompagnati dalla capacità di non considerare tutto quello come qualcosa di normale, di giusto, ma soprattutto di dovutoci. Senza questa consapevolezza rischieremmo di diventare tutti dei robot, si immuni da ogni difficoltà, ma assolutamente incapaci di prestare la giusta attenzione alla nostra esistenza. Finiremmo per vivere una vita senza saper trasformare i momenti di piacere in piacere di vivere e senza conoscere la vita, senza riuscire a vivere a pieno, e con la giusta partecipazione, la quotidianità e l’esistenza.

Non dovremmo quindi preoccuparci di fermare la scienza, l’economia o la tecnologia, ma dovremmo preoccuparci di arrivare a quel momento preparati a saperlo vivere altrettanto “utilmente”.

Se il mondo moderno si affida esclusivamente al progresso senza accompagnare le sue scoperte, i suoi benefici con adeguata preparazione e consapevolezza del vantaggio, e senza essere attrezzati delle giuste capacità a prestare attenzione anche alle cose piacevoli, utili che questi ci porteranno, saremmo in forte pericolo a causa della limitata diversificazione a cui questi ci stanno portando.

Un secondo aspetto della questione è quello dell’eliminazione delle classi sociali. Grazie alle scoperte scientifiche e tecnologiche, che tendono a illudere di poter offrire a tutti soluzioni esistenziali sempre meno diversificate, stiamo dando vita ad una società povera di prospettive. Il sistema in auge tende a illuderci di poter far sparire persino la naturale necessità di ogni individuo a migliorare le proprie condizioni sociali. Siamo arrivati al punto che basta entrare in possesso dell’ultimo gadget tecnologico per pensare di aver raggiunto il massimo raggiungibile. La totale mancanza della consapevolezza, sempre più ripudiata nelle società del benessere, che il diritto a salire nella scala sociale è una utile aspettativa, rischia di creare un mondo nichilista, una società di frustrati nell’insuccesso e nelle prospettive. Anche questo a causa della scarsità, e spesso della totale mancanza, di alternative al modello unico proposto. La mancanza di adeguate obiettivi esistenziali diversificati avrà come inevitabile conseguenza il nichilismo per mancanza di uno spettro più ampio di “offerta”, e una inevitabile crescita di frustrazioni e psicosi, sia individuali che sociali.

Ancora. La povertà, esistenza cronica in ampie parte del mondo, oggi si trova a scontrarsi con le nuove povertà dell’occidente. Uno scontro promosso anche da un crescente sviluppo tecnologico ed economico, tesi a livellare le condizioni sociali, e che riesce a realizzarlo solo abbassando il tenore di vita dove aveva raggiunto un livello troppo alto. Di conseguenza avremo un futuro in cui due povertà si incontreranno, e con esse si unificherà un sistema sociale mondiale spinto al ribasso, e anche le massicce migrazioni, che potevano sperare in un miglioramento, si troveranno di fronte qualcosa che assomiglierà sempre di più a ciò che credevano di essersi lasciati alle spalle. Un altro appiattimento, quindi.

La giustizia che si sta appiattendo su una sempre maggiore “necessità” ad essere “buona”, meno punitiva, e sempre più sbilanciata in modo indiscriminato verso la tendenza al recupero dei rei ( cosa nobilissima), ma che lo fa senza vere le necessarie capacità di valutazione delle reali motivazioni individuali di questi. La conseguenza, tragica, non potrà che essere quella di applicare questo nuovo sistema in modo generalizzato, uniforme, indiscriminato, senza nemmeno riuscire a comprendere il male, e i disastri, a cui questo sistema di appiattimento della giustizia porterà nel medio periodo.

Un altro esempio di appiattimento, per quanto possa apparire marginale, banale, sono le quasi totale scomparse di quelli che una volta venivano chiamati i “campanili”. Diversità tra territori limitrofi, anche piccolissime, marginali, ma ben individuabili e da vivere e difendere. Diversità che erano, spesso, buon motivo di confronto e di scontro, ma fungevano anche da utile valvola di sfogo. Il tutto avveniva però in modo molto marginale e senza grandi conseguenze. Questa opportunità, questa piccola valvola di sfogo, a causa di quello che chiamiamo progresso diffuso, è scomparsa quasi totalmente. I campanili sono scomparsi, ma la loro assenza non è stata accompagnata da una liberazione dell’uomo dalla necessità, umanissima, di appartenenza. Questo può sembrare marginale, e rispetto all'esistenza lo è, ma quella necessità si sta incanalando verso nuovi fenomeni di portata molto più ampia come i nazionalismi e gli idealismi. E questo è molto più pericoloso. Il rischio di finire per trovarci di fronte a masse sempre più ampie di individui indifesi nei confronti delle nuove forze mediatiche, che tenderanno utilizzarli per ricavarne consenso senza preoccuparsi minimamente di non offrire niente oltre quei pericolosissimi idealismi, nazionalismi, partigianerie apparentemente positive, è molto alto. Un pericolo perché in grado di riportarci a scontri di portata ben diversa di quella tra piccoli campanili.

Per concludere. Naturalmente, questo discorso si muove all'interno di uno scontro tra due livelli, quello umanistico e quello sociale, e quindi di difficile armonizzazione. Però, anche la discussione su temi come questi credo sarebbe utile a ridurre quel rischio di appiattimento, perché diventa buon motivo di confronto tra diversità. Una opportunità di confronto utile a tirarci fuori da lungo periodo di apprendimento sociale su posizioni etiche larghissimamente accettate dai più se pur decise da pochi.

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