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Non è prematuro

Viviamo il tempo in cui la scienza utilizza un modello d’indagine, quello oggettivo puro, ancora molto giovane. Un modello nato da troppo poco tempo, in termini anche umani, per poterlo definire un modello “maturo”. Questo significa, quindi, che può ancora maturare e migliorare.


Nonostante si sia ormai “consolidata” ( sempre nei limiti in cui si possa parlare di consolidazione in ambito scientifico) la convinzione di aver trovato il migliore dei modelli possibili per indagare la realtà (e questo è condivisibile, ma solo all'interno di quanto detto sopra), e si ritenga questo nodello ormai maturo, probabilmente e tutt'altro che cosi. La realtà che ci circonda è ormai chiaramente dimostrato di essere molto più vasta di quella indagabile con quel modello, e forse è giunto il momento di porsi almeno il problema.

Quello oggi in uso è un modello legato alla concezione dell’oggettività come unica strada da seguire , e questo non sarebbe il problema, ma forse non ci si interroga abbastanza sul concetto di oggettività , e su cosa, in questa, non sia indagabile con quel metodo. Per un tipo di realtà, quelle che possiamo definire “dura”, questo sistema si è dimostrato essere sicuramente efficace, ma siccome non si trova il coraggio di rispondere alla domanda: Ciò che è oggettivamente indagabile con quel modello è tutto quanto sia indagabile dall'uomo? La domanda è, probabilmente, più che legittima.

Però, siccome disponiamo di un solo metodo, e non ci preoccupiamo a sufficienza sulla possibilità di poterlo ampliare, e con lui ampliare anche il piano dell’indagabile, ecco che finiamo per trovarci in un vicolo cieco dove, ad essere mortificato non è solo l’indagine, la ricerca in se, ma soprattutto proprio il principio scientifico della conoscenza di tutta la realtà che ci circonda e ci coinvolge. Per contro, il problema che si porrà sarà quello della capacità di ampliarlo rispettando le sicurezza di poterlo fare in modo altrettanto “probante”, e giungendo a risultati scientificamente, ma anche culturalmente, condivisibili. E siccome stiamo parlando di un tipo di indagine che si rivolgerebbe ad un tipo di ricerca che coinvolge l’uomo in maniera ontologica più “completa”, l’aspetto culturale rischia di assumere un influenza molto significativa e da non trascurare.

Allora, come poterlo fare?

Oggi è impossibile rispondere a questa domanda (troppe le variabili in campo). Quello che invece la scienza potrebbe, e dovrebbe, iniziare a fare è l’apertura di una discussione intorno a quella possibilità di ampliamento . Come logico, alcune brache della ricerca sono più adatte di altre a questo fine ( neuroscienze, psichiatria, psicologia, psicofisica, fisica ) , ma non perché siano più inclini in questa direzione, ma perché è in quegli ambiti che si verificano aspetti della realtà che sono, secondo un’idea illumanista, più significativi, e che fino ad oggi sono stati ignorati più per aderenza a quel metodo che per la loro inesistenza e inconsistenza.

Per adesso, non mi sembra il caso di entrare più in profondità su questo aspetto della questione. Il mondo della ricerca, è culturalmente ancora troppo distante da questa possibilità operativa, ma la necessità di porre il problema dell’esistenza di questa “necessità” credo sia tutt'altro che prematura.

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