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Una nuova idea della vita

La situazione sociale del nostro tempo ha raggiunto un alto livello di necessità di cambiare.

Le motivazioni sono molte, e quasi tutte legate ad una profonda insoddisfazione di fondo, che cerchiamo di soffocare nel consumismo.

Sarebbe inutile fare una lista di queste motivazioni, e quindi evito di riscriverle.

Resta quindi da dire qualcosa su quella profonda insoddisfazione che da un po' di tempo ha iniziato a pervadere l’animo dell’uomo. Da una parte la presa di coscienza che a sopirla non bastano le false promesse di un benessere che per i più non è mai veramente arrivato, e dall’altra la sempre più evidente possibilità che non solo quella speranza non si possa realizzare, ma che la situazione si vada incamminando nella direzione opposta, verso un probabile e sempre più diffuso peggioramento anche di quel poco che eravamo riusciti a costruire. Ogni giorno vediamo sfuggirci di mano un po' di quel benessere e di quella illusione, e con queste iniziamo a cercare un nemico. Nemico che, per banale comodità, pensiamo di intravedere in chi, da altri luoghi e altre, e ben peggiori condizioni, si sta risvegliando a sua volta, e inizia a premere alle nostre porte sempre più chiuse.

Poi è arrivata la mazzata del Covid, ma questa passerà, ma resterà quel timore di fondo, che sarà anche accentuato da un’accresciuta paura della morte.

Una situazione esplosiva che, sarebbe persino auspicabile se riuscisse a farci risvegliare dal torpore in cui ci siamo infilati, e ci stimolasse una più concreta voglia di cambiare. Ma come si cambia? Quali sono i comparti sociali che dovrebbero svolgere il ruolo di guida in questo cambiamento?

Da sempre, con l’Illumanesimo, sosteniamo che la formazione è forse l’unica possibilità che ci rimane. Però il problema è che, anche se la scuola riuscisse a modificare il modello formativo, abbracciandone uno più individualizzato, più attento alle necessità dei singoli ragazzi, più formante in ambito strutturale e psicologico, più concreto nella parte pratica della formazione di caratteri più forti e più capaci di riconoscere i diritti dei propri simili, anche se tutto questo diventasse realtà “resta il problema del resto”. Resta il problema degli altri comparti sociali. Infatti, ormai non è più solo la scuola che concorre a formare gli uomini di domani. C’è la famiglia, oggi ci sono le potenze di fuoco dei sistemi d’informazione (che tutto vogliono e pretendono, salvo che il vedersi assegnare il dovere di riconoscersi la responsabilità formativa, che nella realtà svolgono). Ci sono i nuovi sistemi di comunicazione, che sfuggiti ad ogni regola, e lasciati in mano a persone che niente hanno per difendersi dai danni che riescono a procurare su menti non strutturate per quella giungla comunicativa, non possono che finire per diventare i peggiori maestri per la crescita di uomini diversi, e in grado di difendersi dalle orde di chi di quella debolezza vuol fare conto in banca. Contro di questi anche la scuola avrà vita dura.

Quindi, anche il reclamare una scuola diversa rischia di essere insufficiente, se non ci sarà una presa di coscienza più ampia, una presa di coscienza che potrà scaturire solo a seguito dell’entrata in crisi di convinzioni esistenziali, e fino a quando queste non saranno sostituite da una nuova “idea della vita”.

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