top of page

Non impoveriamo la vita

Vi piacerebbe vincere facile, mi verrebbe da dire a tutti. Sia agli atei che alla loro controparte nella ridicola disputa tra credenti e non credenti.

Nessuno ha in mano niente di più che vacue convinzioni, e in questa aleatorietà di fondo ogni tentennamento della controparte fa immediatamente lievitare l’orgoglio, e l’illusione, di essere dalla parte giusta. Dall’unica parte giusta. Errore commesso per millenni dai credenti, che non si sono resi conto di avere, prima, sfruttato solo la loro possibilità/capacità di mitigare le paure, e successivamente perché hanno saputo sfruttare i condizionamenti organizzati che gli sono stati concessi. Errore che rischiano di commettere, oggi, anche i non credenti, che al primo inciampo sociale della controparte, gridano subito alla riscossa, senza rendersi conto che stanno fondando le proprie vittorie provvisorie, su basi ed elementi anche forti ma sempre molto parziali.

Certo è che se volessimo giungere a conclusioni in base alle prove disponibili, guardando come siamo e come ci “viviamo”, gli atei di prove a favore ne avrebbero il 95%, contro un misero 5% di chi crede. Ma quel 95% non basta, perché esiste ancora quel 5%. E anche se mancasse un solo 1%, questo sarebbe più che sufficiente a tenere in considerazione l’esistenza del dubbio, perché la scienza non può, e non deve mai, assumere certezze a maggioranza. Figuriamoci chi è in minoranza così marcata come i credenti!

Una cosa dovrebbe però farci pensare: se l’uomo ha impiegato così tanto tempo, addirittura millenni, per far crescere sprazzi di ateismo, una qualche ragione dovrà pur esserci.

L’ateismo, da sempre, avrebbe avuto a proprio sostegno almeno il 95% delle prove oggettive, e solo un misero 5% restava a disposizione della controparte fideista. Bastava guardare l’uomo per capire che, in realtà, ben poco aveva oltre quella smisurata quantità di espressione materiale e epifenomeniche. Il 95% di ciò che siamo dimostra, inequivocabilmente, di essere un effetto, un epifenomeno di ciò di cui siamo fatti. Nonostante questo, la crescita di questa consapevolezza sta iniziando prevalentemente con l’avvento delle conoscenze scientifiche, ma soprattutto con l’aumento delle capacità critiche individuali, con la liberazione dai gioghi sul collo delle paure, e nel momento in cui i giovani ( specialmente negli ultimi decenni in cui Internet in questo ha aiutato e aiuta molto), grazie alla diffusione della capacità individuale di accedere ad forme più libere e liberali di ragionamento, iniziano a vincere le paure. E stiamo imparando a farlo anche senza sentire la necessità di appoggiarsi a qualcosa o qualcuno! E anche questo dovrebbe farci riflettere.

Però, nonostante questo evidentissimo squilibrio, quel misero 5% ha saputo tenere in scacco l’itera umanità per un tempo cosi lungo, e questo non possiamo liquidarlo come non esistente, ne come banale, perché dimostra di essere una minima quantità ma con una forza molto superiore a tutto il resto, superiore persino a quella trabordante maggioranza. Maggioranza che, però, ha sempre perso la battaglia delle convinzioni. Liquidarlo con tanta superficialità come non esistente sarebbe stupido; e nemmeno gli atei lo sono.

Nell’articolo (vedi sotto) pubblicato da MicroMega si afferma: “Del resto, se ogni ipotizzabile realtà sovrannaturale è inesistente, l’ateismo è inevitabilmente vero di per sé, e non ha alcun bisogno di produrre qualche prova a favore”.

Questa è una tipica dichiarazione di “vittoria. Ma un simile atteggiamento non è mai consigliabile. Sarebbe sbagliato commettere lo stesso errore di chi crede. Infatti, facendolo dimentichiamo quella piccola percentuale di certezza che manca alla vittoria, e della quale non sappiamo ne la consistenza ne il livello di “esistenza”. Però ne conosciamo con certezza la forza e la concretezza esistenziale. Affermare che non esiste sarebbe un errore troppo banale, perché niente è inesistente se manca la controprova, figuriamoci se vi sono concretezze a sostegno. E siccome ogni controprova è impossibile, perché abbandonarsi all'entusiasmo di un possibile errore? E dal mio personale punto di vista esistono persino delle prove, almeno logiche, a sostegno – ma questo è un altro discorso.

Quindi, ben venga il riscatto dell’ateismo, ma solo come momento di passaggio verso un ben più solido, e logico, gnosticismo, e le discussioni intorno a tutto questo non dovrebbero, mai, giungere a conclusione. Sono utili momenti di confronto, confronto che l’era moderna tende a banalizzare con i peggiori riduzionismi. Riduzionismo che in ogni ambito, da quello religioso a quello scientifico, da quello economico (si, esiste anche quello) fino a quello ateo, porta a ritenere vincita definitiva anche il più banale punto a favore. Meglio sarebbe non farlo, perché sarebbe una perdita culturalmente grave, che forse faciliterebbe la parte vincente del momento, ma impoverirebbe la vita.

Rivoluzione.png
bottom of page