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Woodstock

In questi giorni ricorre e si ricorda il simbolo dell'illusione degli anni 60, Woodstock. Un momento di idealismo che si è rivelato essere quasi totalmente fine a se stesso, e che ha finito per far si che il mondo che ne è seguito scorresse nella direzione persino opposta a quella sperata. Un’esasperazione che ha portato le società che lo hanno seguito a vivere in modo quasi opposto, e in tempi così veloci che i primi ad esserne travolti, e inglobati essendo i più deboli ed i meno attrezzati psicologicamente, sono stati, prima i protagonisti di quelle illusioni, e di conseguenza i loro figli e nipoti. Tutti travolti fino a diventarne i sostenitori più convinti. Infatti, a causa della loro incapacità alla concretezza, la maggior parte di quei protagonisti hanno finito per non saper affrontare la realtà umana per quella che è/era, e questo, se prima li aveva portati a idealizzare quell’astratto all’interno di quel movimento, dopo ha finito per farli diventare persino sostenitori, e vittime, del sistema successivo.

Probabilmente, a livello personale qualcuno avrà tratto sicuramente dei vantaggi psicologici da quei movimenti e da quei momenti, ma il loro idealismo astratto, portato ad un livello così esasperato, ha finito per rivelarsi totalmente inefficace e inutile sul piano pratico, e condizionante a livello individuale. Questo perché a vincere è sempre la realtà. Qualunque sia l’idealismo astratto, quando questo non è sorretto da un contesto sociale adeguato, e da questo resta troppo distaccato, resta sempre sconfitto. Questo avviene soprattutto – quasi sempre - quando il contesto sociale non fa niente per formare uomini in grado di approcciarsi a quegli idealismi, ed a farlo con i necessari strumenti psicologici motivazionali individuali; il primo dei quali è il realismo, seguito da una forte individualità consapevole.

Per questo, oggi, dovremmo fare tesoro di quella esperienza, e fare in modo che i nostri figli ed i nostri nipoti siano in grado di non festeggiare con rammarico i nostri ideali, le nostre illusioni, facendole diventare le loro disillusioni. Per noi è ormai quasi impossibile formarci personalità diverse e più forti di quelle che ormai abbiamo, ma dovremmo almeno fare in modo che loro crescano con una consapevolezza diversa, con una minore illusione ideale nei confronti della vita, e con una maggiore capacità raziocinante rispetto al procedere delle realtà sociali. Questo non significa che non dovremmo e non dovranno coltivare degli ideali (che sono preziosissimi), ma che noi non dovremmo trasferire, per quanto possibile, nel tempo le debolezze del nostro essere oggi, e fare in modo che loro siano in grado di “difendersi” da quelle che non saremo in grado di controllare.

La formazione dovrebbe farsi carico almeno d questo aspetto del proprio compito.

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