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Passato, presente e futuro

Tre momenti del tempo di cui due, passato e futuro, hanno spazio nella mente, e uno, il presente, nel corpo.

Filosoficamente si è sempre “puntato” sull’inafferrabilità del presente, e in quel contesto la cosa ha pienamente senso. Però, fisicamente quella è una posizione che possiamo definire “errata”. Infatti, il corpo non ha la possibilità di vivere ne nel passato ne nel futuro, e l’unico tempo concessogli è proprio quello presente. Del futuro il corpo non vive niente, e del passato vive solo gli effetti, e la sua possibilità di “operare” sta nel presente, solo nel presente, nell'istante in cui vive le cose della vita, e di cui riporta all'istante successivo solo gli effetti.

Per la mente è l’opposto. La mente trova, prevalentemente, la propria azione rivolta o al passato o al futuro. Qualsiasi attività della mente, essendo portata istintivamente ( concetto abbastanza aleatorio, naturalmente ) a valutare ciò che è già accaduto – per quanto riguarda il ciò che sta accadendo, questo di solito avviene in modalità cosi repentina e veloce che per la mente diventa immediatamente il passato –, si vive prevalentemente nel passato, o almeno rivolti verso il passato.

Quando, e se ci riusciamo, possiamo rivolgersi e stimolare la nostra attenzione verso il futuro, e se questo diventa anche una qualche forma di programmazione, ecco che il futuro diventa un’attività che, quasi magicamente, tenta di viverlo astrattamente, fino quasi a raggiungerlo e “viverlo”.

Pertanto, la freccia del tempo non è mai uguale a se stessa e soprattutto non viene mai vissuta e valutata dalla totalità dell’uomo. Il tempo sembra essere un procedere che si divide, oltre che in tre diversi “momenti” (passato, presente e futuro), anche tra due diverse modalità di essere “acquisito” (Dal corpo e dalla mente). A volte queste modalità sono anche di più. Questo avviene quando intervengono condizioni modificate della coscienza, momenti in cui la mente sembra operare in condizioni e ambiti addirittura fuori dalla linea tracciata da quella freccia. I benpensanti arricceranno subito il naso, e sosterranno che quei momenti non esistono. Ma non importa, e comunque questo non è un argomento che fa parte di questo discorso.

Questa è la condizione in cui l’uomo è “costretto” a operare nel mondo. E se anche non ce ne accorgiamo, con le nostre mente riusciamo persino a peggiorare questa “condanna”. Infatti, se mentalmente siamo “costretti” a vivere solo questi due momenti, dall’altra non abbiamo imparato nemmeno a orientare la nostra attenzione verso il passato più prossimo, o comunque a quello abbastanza recente. L’unico, assieme a quello a breve, di cui ancora intravediamo i dettagli e le motivazioni. Un passato del quale sia ancora possibile svolgere un’operazione di senso, di significati personali pertinenti e utili al vivere quotidiano.

Invece tendiamo più a osservare il passato remoto. O comunque quel passato, quei pochi momenti del passato che ci sono rimasti perché sono stati i pilastri della nostra crescita. I pilastri formativi che hanno fatto parte di momenti meglio organizzati in nostro “favore” da qualcun altro. Di quelli finiamo persino di farne cultura e vincoli. La nostra mente è a quelli che si rivolge ogni volta che necessita di metri di paragone per confrontare, valutare il nostro passato. Cosi, il nostro passato remoto diventa il nostro riferimento più importante, e qualsiasi cosa ci accada nello svolgersi della vita, anche recente, diventa relativo, viene affrontato superficialmente, e se un’operazione di valutazione riusciamo a farla, questa è, inevitabilmente, collegata e valutata riferendosi prevalentemente a quei momenti ormai lontani e non completamente nostri.

Rispetto al futuro, la mente riesce, riuscirebbe a svolgere anche una funzione importantissima, che è quella che scaturisce dalla volontà, dalle motivazioni individuali e, di conseguenza, dalla capacità di programmarci il futuro. E se questo futuro riguarda tempi abbastanza a breve scadenza, anche la loro programmazione diventa più facile e con minore margine di errore. La programmazione del futuro più prossimo ha anche una minore influenza derivante dall'imponderabilità delle decisioni altrui, ed ha anche una migliore possibilità di controllo e correzione. Ma ha anche una minore influenza dal rischio di idealizzare cose a troppa lunga scadenza, e quindi con minori possibilità di esatta raggiungibilità degli obiettivi.

Invece, sempre a causa di questa tendenza a portarci con la mente verso un futuro lontano, abbiamo finito per non programmare più nemmeno il nostro domani e il nostro futuro prossimo. Abbiamo smesso totalmente di porci persino degli obiettivi esistenziali in grado di fornirci una speranza esistenziale, e conseguenti comportamenti. Siamo finiti in un vuoto nichilista pericolosissimo. Oggi che sono crollati anche i miti delle religioni - anche quelli proiettati verso un futuro che giungeva persino oltre la vita stessa -, o re-impariamo a ri-guardare il futuro prossimo, re-impariamo, ognuno secondo le proprie necessità, a programmarlo, a motivarcelo, o anche il futuro rischia di sfuggirci come tempo possibile.

Anche questo aspetto del vivere il tempo trova significato all'interno dell’lllumanesimo. La capacità di imparare la consapevolezza che il corpo può vivere solo il tempo presente, e che la mente può essere meglio utilizzata rispetto a come vivere sia il passato che il futuro. Soprattutto, sarà utile imparare a quale passato e a quale futuro sarebbe meglio, e più utile, riferirsi. Questo, sia per vivere meglio il tempo che la vita. Che non sono esattamente la stessa cosa.

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