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I due disastri

Siamo ormai diventati, e questo da diverse generazioni, degli orgogliosi di default. Orgogliosi di quello che abbiamo fatto, di come siamo riusciti, o non riusciti ( che sicuramente è più rispondente alla realtà sociale alla quale sia arrivati ) a pensare, a gestire, programmare e realizzare nel nostro contesto sociale e culturale. Questo orgoglio ci ha però impedito di riconoscere i disastri a cui ci ha portato questo atteggiamento, e ci impedisce di vedere i disastri che sta causando alla generazione dei nostri figli ed a quelle che le seguiranno.

Noi, a partire dagli anni 50 che abbiamo iniziato a dar vita ad un tipo di società che definire un disastrosa è quasi un eufemismo. Abbiamo costruito un modello sociale, economico e tecnologico, ma soprattutto culturale – o meglio sarebbe dire incuturale – che ci piace chiamare sviluppo, ma che nella realtà e nelle prospettive è talmente sciagurato che per riuscire ad uscirne, per riuscire a risalire la china saranno necessarie molte e molte generazioni future. Abbiamo costruito un modello sciagurato perché, purtroppo, essendo un modello basato sulla deresponsabilizzazione, diventa anche un modello facilissimo e comodo da seguire, e per questo di facile presa e, anche mentalmente, assolutamente comodo per un numero “troppo” alto di persone, persone che, magari, sarebbero, e sono, anche molto migliori i quanto serve a questo modello, ed anche disponibili ad impegnarsi se ne sentissero e ne riscontrassero le effettive necessità. Ma siccome il mondo intorno a loro non li stimola in questo, ecco che troppi cadono nella tentazione di seguire quel modello semplificato, e rinunciano prematuramente, o almeno fino a che possono, ad impegnarsi in base alle loro effettive potenzialità. Questo è il primo disastro che le generazioni passate hanno creato ai loro figli.


Il secondo disastro è quello che “costringe” questi giovani a evitare di imparare a difendersi proprio da questo modello che, per com’è congeniato e per riuscire a reggersi, ha necessità proprio di un numero sempre crescente di quel tipo di disimpegno. Ha necessità di un sempre maggior numero di persone che siano disposte a deresponsabilizzarsi rispetto ai progetti a cui partecipano ed ha necessità che il loro impegno sia focalizzato solo su specifici comparti specialistici, ambiti in cui non si senta mai il bisogno, la preoccupazione o la curiosità di conoscere i veri obiettivi del progetto complessivo a cui si partecipa, degli obiettivi che questo si prefigge a lunga scadenza, e soprattutto dei possibili, spesso inevitabili, e volendo anche prevedibilissimi, effetti. I mezzi di informazione gestibili e controllabili diventano, una formazione omologata a questo obiettivo, una tecnologia di massa facilitante e di facile accesso e utilizzo, diventano così, lo strumento di “persuasione” ideale.

Due disastri che stanno però giungendo ad un livello talmente esasperato che anche i responsabili iniziano a sentirne il peso; cosa normalmente assai difficile da svilupparsi nelle menti degli orgogliosi.

Per fortuna possiamo però anche affermare che questo sistema sociale, questo modello poteva reggere a lungo solo in un contesto sociale dove le persone avessero una effettiva difficoltà a prendere coscienza, culturale e informativa, della condizione a cui l’abbiamo spinta. Ma oggi, per fortuna, le possibilità di informarsi e di prendere coscienza del livello di “interesse all'ignoranza” a cui sono sottoposti, e gli strumenti “liberi” necessari al riscatto ci sono tutti e per tutti, ed è per questo che essere totalmente pessimisti sarebbe sbagliato.

Sarà dura, faranno fatica, molta fatica, ma siccome hanno tutte e qualità interiori necessarie, e l'Illumenasimo si nutrirà proprio di questa interiorità, ce la faranno.

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