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I "problemi" umani

La storia dell’uomo non è iniziata certo con la branca culturale chiamata filosofia, ma anche prima di questa il filosofare non era certo assente nella mente umana. L’uomo ha avuto la possibilità di giungere a ciò che è oggi non certo grazie alla filosofia come branca della conoscenza, ma è la filosofia che è diventata ciò che è grazie a ciò che è, da sempre, l’uomo.

Detto questo, mi sembra naturale e inevitabile che tutto ciò che sarà della storia futura dell’uomo non sarà conseguenza di ciò che l’uomo creerà per propria utilità, sia psicologica, culturale o tecnologica, ma di ciò che l’uomo è. E il tutto potrà solo procedere con maggiore o minore velocità in proporzione più ai freni culturali protettivi che incontrerà che alle possibilità che, invece, avrebbe se fosse lasciato “libero”.

Nel nostro periodo storico, grazie alla scienza e alla sua figlia più in voga, la tecnologia, i passi verso il nuovo più significativi si sono avuti nel campo eugenetico, e la creazione dell’embrione uomo-pecora è solo l’ultimo di questi processi che l’uomo mette in atto a “causo” proprio di quel che è, e non certo a causa di quello che sa e crede. Non ci sono posizioni più spregiudicate e posizioni più razionali, c’è solo un’umanità che ha in se qualcosa che non ha la possibilità di controllare con niente di quanto ha creato, ed è la diversità; una ricchezza che anche se cercherà in ogni modo di trasformare in uniformità, uguaglianza e omologazione, sarà perennemente destinato al fallimento.

In questo contesto anche le considerazioni e le domande che il filosofo Corrado Ocone si pone in questo articolo su: Fattore Erre - R - Rubettino Editore - http://blog.rubbettinoeditore.it/…/lultima-ideologia-mondo…/ - (già pubblicato su "Il Dubbio" in precedenza) intorno al postumanesimo e il transumanesimo sono opportune ed anche inevitabili, e si legano, o almeno credo si dovrebbero legare e tener presente in modo molto stretto, con le considerazioni di cui sopra. Temo però non troveranno risposta adeguata se prima non facciamo diventare cultura condivisa il concetto di diversità, e quindi dell’accettazione culturale delle diverse impostazioni rispetto anche a quelle problematiche, e se non riformuliamo il concetto di vita e delle sue motivazioni. Temo che le risposte che potremmo dare oggi a queste domande, senza trovare il coraggio di farle precedere da una riformulazione dei presupposti esistenziali dell’uomo, avremo delle risposte, ma queste saranno destinate a non essere più sufficienti. E non lo saranno in un tempo molto più breve del solito, perché il momento attuale, essendo, come sostiene anche Ocone, in un momento di cambiamento molto spinto, momento che qui definiamo il tempo dei segnali illumanisti, dimostra in modo sempre più evidente di non essere più in grado di supportarsi culturalmente, e quindi nelle accettazioni di un nuovo che avanza in modo così veloce e “invasivo” con “principi” esistenziali ormai vecchi e superati. La filosofia ha proprio questo compito.

Da un punto di vista illumanista il tema del cambiamento del corpo dell’uomo è comunque sempre ininfluente fino a quando non metterà in pericolo le capacità astratte dell’uomo, le sue capacità speculative, qualunque queste saranno e qualunque sarà il mezzo fisico attraverso il quale si esprimono; a iniziare da quello procreativo, per passare attraverso quello dei mezzi utilizzati durante l’esistenza fino a quelli intorno al fine vita. In questa direzione si stanno dimostrando molte più pericolose le modificazioni psicologiche, e le sovrastrutture mentali e psicologiche che stanno causando il sistema mediatico, i modelli sociali utili al sistema economico, e quello formativo quando si omologa a tutti questi, il primato esclusivo del sistema scientifico in ambito esplorativo del contesto ontologico ecc. ecc. In chiave illumanista i problemi “veri” sono, quindi, un po' più esistenziali e meno di tipo fisico.

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