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Valutiamoci meglio

Nel brano che segue, tratto dalla presentazione del nuovo libro di Umberto Galimberti: La parola ai giovani – Ed. Feltrinelli, mi pare ci si possano ritrovare sostanzialmente, due concetti ( ma la lettura del libro sarà sicuramente in grado di fugare eventuali mie superficialità).

Il primo quando afferma: “Nativi digitali come tutti, i giovani del nichilismo attivo nelle loro lettere mi chiedono: “Quanto incide l’uso dei mezzi informatici sui nostri processi cognitivi ed emotivi?”. Moltissimo, perché questi mezzi sono dei condizionatori del pensiero, non nel senso che ci dicono cosa dobbiamo pensare, ma nel senso che modificano in maniera radicale il nostro modo di pensare, trasformandolo da analogico, strutturato, sequenziale e referenziale, in generico, vago, globale, olistico.

Questo concetto, posto in questo modo, sembra indicare che questo nuovo tipo di “condizionamento” che le nuove generazioni subiscono sarebbe, oltre che diverso dal precedente, come afferma lo stesso Galimberti, anche peggiore, cioè viene valutato in modo negativo, come se già oggi avessimo una risposta definitiva rispetto alla bontà o meno di questo nuovo modello mediatico.

La questione invece non credo stia proprio in questi termini, perché il pensiero lineare, analogico, strutturato, sequenziale e referenziale che abbiamo praticato fino ad oggi è anche quello che, da sempre, ha permesso i peggiori condizionamenti psicologici di miliardi di persone, condizionamenti che hanno permesso a pochi di sfruttare per secoli le menti di miliardi e miliardi di individui. Ed è, alla fine, anche quello che ci ha portati al nichilismo dilagante del mondo occidentale. Quindi io mi fermerei a evidenziare il “fatto”, cioè il cambiamento, senza assegnargli, forse prematuramente, connotati, sia negativi che positivi.

IL secondo passaggio invece è, a mio avviso, molto più opportuno da evidenziare : “ Inoltre alterano il nostro modo di fare esperienza avvicinandoci il lontano e allontanandoci il vicino. Mettendoci in contatto non con il mondo, ma con la sua rappresentazione, ci consegnano una presenza senza respiro spazio-temporale, perché rattrappita nella simultaneità e nella puntualità dell’istante.”

Questo aspetto è legato alla concretezza della vita. Concretezza che queste nuove forme di “avvicinamento” virtuale tra le persone porta molti, per comodità e pigrizia, a ritenere bastante questo tipo di vita virtuale, evitando a chi lo pratica anche la “fatica” del confronto diretto con le persone. Una tendenza che si sta già manifestando, e che nel lungo periodo potrebbe rischiare di diventare patologia per molti. (anche se, per adesso, stando a questa ricerca sembrerebbe che anche questo rischio non sia così alto come si crede). Anche in questo naturalmente non è che possiamo escludere un aspetto positivo, come, per esempio, potrebbe essere la possibilità di rafforzare il senso critico rispetto ad una massa molto più ampia di informazioni disponibili ( ma qui deve intervenire la formazione delle persone). Sicuramente però ad un illumanista questo pone quantomeno un problema rispetto al senso della vita, vita che, per l’Illumanesimo, ha valore, e utilità, solo se vissuta concretamente e non se teorizzata e raccontata.

Ecco come, viste da una prospetti diversa, molte delle considerazioni anche di spessore, come sicuramente sono quelle del Prof. Galimberti, e che oggi facciamo intorno al contesto sociale, alle sue dinamiche e ai possibili risvolti, possono assumere valutazioni anche molto diverse se proviamo a leggerle facendo riferimento ad un diverso punto di osservazione; quello di una nuova cultura valutativa della realtà che ci vede protagonisti.

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