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Ma che vai dicendo!

Il Libro non l'ho ancora letto, ma già dal titolo mi pare un'analisi poco corretta, o meglio, poco attenta. I bisogni di cambiamento che ci sono in giro, i segnali di un bisogno di nuovi orizzonti, se letti dallo stato attuale, dalla situazione culturale, ideologica, conservatrice a cui stiamo assistendo non sono essi stessi definibili un'utopia?

Siamo in un momento storico dove quasi tutti sono concordi nell'affermare che la condizione prevalente in cui si trovano specialmente i giovani è quella di un nichilismo ormai conclamato, e in questa condizione, da questa condizione già il riuscire ad esprimere una qualche forma di "nuovi bisogni", una benché inconsapevole e ancora non riconosciuta necessità di cambiamento non è forse questa questa già un'utopia?

Sicuramente la forza del conservatorismo e della cultura tradizionalista sono ancora talmente forti da non lasciarci nemmeno la possibilità di prendere coscienza che un orizzonte nuovo, e utopico se letto con gli occhi di oggi esiste, e si rispecchia in molti movimenti e richieste sociali. Spinte al cambiamento che il sociale conservatore preferisce definire populismo, sovversione dei sistemi consolidati ecc. eccc. ( insomma, da questo punto di vista niente di nuovo sotto il sole), ma questi sono i segnali che una richiesta di nuovo esiste, e noi questo bisogno l'abbiamo chiamato Illumanesimo. Naturalmente questa definizione è solo una definizione di comodo, e che il tempo potrà meglio definire, ma in quel concetto c'è tutta l'utopia che proprio la nostra epoca stà iniziando ad esprimere e che ha solo bisogno di essere riconosciuta e di trovare il corretta canale per emergere da questo stato di bisogno per diventare utopia perseguibile prima e movimento filosofico/culturale accettato e condiviso poi.

L'utopia esiste eccome! Basta trovare il coraggio di guardarla in faccia.

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