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Le donne sono l’ultima o l’unica speranza?

 

La storia dell’uomo, salve poche eccezioni, è caratterizza da una preminenza degli uomini ai posti di comando, ai ruoli che contano nella società. I maschi hanno infatti avuto sempre ruoli preminenti occupando costantemente è stabilmente quelle posizioni, e quindi, senza possibilità di smentita, possiamo affermare che i problemi sociali che in ogni epoca hanno tediato le società, compresi i problemi che stiamo vivendo nel nostro periodo storico, sono state causate più dagli uomini che dalle donne.

Chi prende decisioni è, inevitabilmente, responsabile dei successi a cui queste portano, ma lo è anche delle conseguenze negative, e quando l’incapacità a evitare almeno l’evitabile porta a situazioni sociali difficili non ci si può nascondere dietro il concetto dell’inevitabile e delle colpe sempre altrove, e la responsabilità non viene cancellata nè dalle autoassoluzioni nè dai tentativi di allontanamento da se delle colpe. La responsabilità dell’incapacità, e il tentativo di non assumersi le responsabilità, pur essendo una specialità tutta umana, prima poi è destinata a scontrarsi con la resa dei conti e il dovere di prendersi quelle responsabilità, specialmente rispetto al proprio agire sociale ( per quello individuala c’è sempre disponibile il “destino cinico e baro “ che ci permette di assolverci, e almeno lì le conseguenze sono automatiche e inevitabili, ma siccome riguardano solo se stessi abbiamo il diritto anche di auto assolverci). In ambito sociale invece non si può e non si deve poter essere assolti in eterno). Le crisi politiche, quelle economiche, quelle legate al livello assurdo di complicazione di molti sistemi, ma anche quelle etiche, quelle psicologiche dei singoli con le nostre debolezze individuali, la grande fragilità individuale causata da scelte scellerate in campo formativo, ecc. ecc., sono imputabili quindi in modo prevalente al genere maschile, e soltanto in modo minore, molto minore a quello femminile. Alle donne infatti, avendo preso parte in modo molto più marginale alla formazione di quei modelli sociali oggi in forte difficoltà , non può esse imputa pari responsabilità; se non in minima parte, quella relativa alla personale incapacità a ribellarsi alle imposizioni culturali e dei modelli formativi; ma questo anche a causa del problema di debolezza psicologica in ambito sociale di cui sopra. Quindi in ambito sociale la donna è più vittima, e semmai carnefici perché vittime.

Adesso che la situazione diventa, e in molti casi è già diventata molto pericolosa per molti aspetti, iniziamo ad assistere al fenomeno della cessione di ruoli apicali degli uomini in “favore” delle donne, e se spesso questo fenomeno viene presentato come un processo di emancipazione e di parità delle stesse, in realtà contiene in se anche, ma forse soprattutto, una forma di disimpegno da parte degli uomini rispetto all’enorme difficoltà ad affrontare i problemi che hanno creato, e che non riescono più a gestire in modo utile ai propri interessi, e sperano così di salvare il salvabile passando la “patata bollente” alla donne.

Quello a cui stiamo assistendo è un fenomeno solo in parte cosciente, e riguarda tutti gli ambiti della società, in particolare di quelle occidentali. Molti degli uomini che si trovano in posizioni di vertice nei diversi ambiti sociali offrono così sempre minori resistenze all'emergere di figure femminili pronte ad affarmarsi, e questo è già un segnale significativo rispetto ad un passato anche recente. Fino a pochi decenni fa poche, pochissime erano le opportunità di affermazione apicale offerte alle donne, e quando ciò avveniva spesso si trattava di donne con forti “caratteristiche psicologiche” maschili ( le pochissime eccezioni non meritano nemmeno una citazione ) , caratteristiche tali da non “mettere paura” ai potenti di turno, i quali riuscivano ad accettarle, a farle entrare nel loro chiuso sistema maschile anche perché non le percepivano come una minaccia a quel monopolio; infatti quasi mai venivano considerate una risorsa di diversità di genere. Insomma spesso si trattava più di un’accettazione delle uguaglianze che delle diversità.

Oggi per le donne che vogliono affermarsi sembra essere caduta “ l’utilità “di questa necessaria “caratteristica”, e per fortuna molte iniziano ad essere le donne che riescono a portare caratteristiche più specifiche di genere in ambiti in cui mai erano riuscite a penetrare.

Oggi le donne stanno diventando soggetti sociali sempre più influenti e determinanti, ma lo stanno diventando anche in virtù di un chiaro fallimento e della disgregazione della parte maschile dell’umanità, in particolare di quella occidentale, e questo, da una posizione pessimista, ci porterebbe a porci la domanda: dobbiamo considerare le donne l’ultima o l’unica speranza che ci è rimasta?

La tentazione di rispondere si sia all'una che all'altra parte della domanda è altissima, dato l'evidente fallimento e la forte debolezza del genere fino ad oggi "dominante", ma forse, se pur innegabile, sarebbe una risposta troppo semplicistica. Se riusciamo invece a guardare questo interessante fenomeno sociale di debolezza da un lato, ma anche da quello di nuova forza dall'altro, e con un occhio illumanista, la risposta può essere un’altra, e ciò che si tratta invece di un fenomeno più ampio che riguarda non solo cambiamenti di tipo sociale e culturale, ma di cambiamenti che iniziano ad abbracciare sfere filosofiche rispetto al senso della vita, sfere che necessitano di una potenza tale che una sola parte, un solo genere di umanità, quella maschile, la quale ha determinato fino ad oggi le sorti filosofiche e culturali del mondo, non sarebbe sufficiente a portare a realizzazione, e il coinvolgimento attivo anche delle donne è, per il futuro dell’umanità, più una necessità filosofica di fondo che un’ultima o unica spiaggia.

Forza donne, l’Illumanesimo ha bisogno anche di voi, e non solo come mezzo per la conservazione della specie.

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