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Il vizio della vita.

Ciascuno ha i suoi bisogni e se li deve identificare da solo. Non è semplice ma non è nemmeno impossibile. Fare la verifica dei propri bisogni è più facile da giovani e diventa sempre più difficile proporzionatamente all'avanzare dell’età. Questo dipende da quello che possiamo chiamare “ il vizio della vita”, le abitudini, le consuetudini fisiche, psicologiche e culturali che negli anni si sono radicate in noi e che sono diventate “ la nostra verità”; tanto più sono diventate la nostra verità tanto più difficile sarà sradicarle.

Il “vizio della vita” sono le abitudini, il modello stereotipato di rapporto che abbiamo con le nostre giornate, con le cose che facciamo o che non facciamo per abitudine, le convinzioni legate ad un senso della vita che ci hanno trasmesso ma che non ci hanno mai permesso di valutare, verificare, discutere liberamente e autonomamente ecc.; spesso tutte cose che sono diventate modello mentale consolidato, e che si consolida sempre di più, con il passare degli anni.

Questo è, per tutti noi, un problema perché ci impedisce il cambiamento, ci blocca alla situazione in cui ci troviamo e da cui risulta quasi impossibile trovare la forza per andare avanti. Ma forse esiste un sistema, un modo per riuscire a sganciarsi, ed è un atto di volontà che deve riguardare non tanto ciò che vogliamo fare, ciò che ci siamo prefissi di raggiungere, ma riguarda prima di tutto un atto di volontà nel volersi sganciare, separare dal passato. Infatti molte volte non si riesce a produrre niente di nuovo per il semplice, ed a volte banale, motivo di restare avvinghiati al vecchio che ci lega e che sopraffà il nuovo che vorremmo vivere.

Un atto di volontà, che ci stacchi dal vecchio, da quel “vizio della vita” è, quindi, il primo passo verso la riappropriazione di noi stessi e dei nostri obiettivi esistenziali.

Questo atto di volontà comporta inevitabilmente sofferenza, fatica, smarrimento, e più siamo in là con l’età più difficile sarà la probabilità di successo. Questo vale però per gli adulti, per chi ha ormai superato i 30 / 40 anni di età. Per i giovani il discorso è, o almeno sarebbe, però diverso e più semplice se ci stesse veramente a cuore il loro futuro.

L’egoismo delle nostre convinzioni ci fa però dimenticare che per loro servirebbe un diverso approccio alla vita, servirebbe insegnargli fin da piccoli ad evitare del formarsi di questi modelli stereotipati di esistenza e di attaccamento a qualcosa, ad un passato, che per loro è ancora presente. Un passato che non insegna mai niente se non è vissuto in prima persona ma che si legherà, lo sappiamo per esperienza, alla loro psiche fino a condizionargli il futuro e l’intera esistenza. 


La filosofia illumanista propone di operare per evitare del formarsi di quei “vizzi della vita” legati ad esperienze altrui cercando di favorire quanto più possibile la libera formazione dell’individualità soggettiva all’interno di un contesto protetto non da regole e condizioni decise da altri ma da norme di reciproco rispetto e sicurezza da diventare riferimento entro il quale agire.

L’Illumanesimo ha come base anche il concetto di crescita all'interno di un sistema che sia legato alla protezione del futuro uomo e non ad uno che sia legato ad un trasferimento nozionistico o culturale fondato esclusivamente sull'esperienza passata ma vissuta da altri. Queste norme “culturali”, che oggi vengono presentate e trasferite come modelli di riferimento e di vita dovrebbe diventare solo modelli di conoscenza e mai modelli ideali di comportamento a cui riferirsi e su cui formare i giovani; soprattutto perché ogni modello preformato e preconfezionato è, come dicevamo sopra, il primo tassello per la creazione mentale e della formazione del “vizio della vita”.

Favorire quindi la nascita di un “vizio della vita “ che sia sempre e solo quello personale è il primo tassello della filosofia illumanista.

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