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Gli antifinalisti di professione

Il libro di Telmo Pievani ha il merito di portare un contributo importante alla storia, o almeno alle sue linee generali, della vita sulla terra, e le sue costruzioni e ricostruzioni sono, in larga misura, condivisibili. Il concetto di finalismo applicato alla materia è sicuramente poco appropriato se lo si valuta osservandone particolari aspetti e senza valutarne il ruolo complessivo. In quest’ottica il ragionamento non fa una piega. Infatti in ciò che è accaduto sul nostro pianeta difficilmente si potrà riscontrare, da un punto di vista scientifico, un qualche intento finalistico a priori per quanto riguarda l’evoluzione delle diverse specie che si sono succedute. In sostanza molto di quello che è accaduto è, con molta probabilità, il frutto di un processo naturale-casuale e non finalizzato a priori. Questo però non ci dice tutto quello che sembra essere accaduto in questa breve storia della vita sul nostro pianeta. Questo non significa che ciò che è accaduto per caso, per naturale evoluzione dell’elemento materia, il quale si è probabilmente organizzato rispettando naturali sequenze e processi assolutamente non preordinati nel loro svolgersi, e che avrebbe potuto benissimo avere sviluppi diversi, o non avvenire affatto se le condizioni ambientali fossero state anche solo leggermente diverse da quelle che si sono verificate, non sia stato, ad un certo punto della sua evoluzione, utilizzato per uno scopo che esula dal processo naturale in cui è nato e si è sviluppato. In quel momento, nel momento in cui in questo processo sembra essersi inserito un aspetto qualitativo, diverso da quello sequenziale-quantitativo tipico dell’evoluzione naturale, il concetto di utilizzo, e quindi di finalità, sembra assumere una probabilità superiore a quella del principio non finalistico originario che a quel livello resta valido e fortemente probabile. Certamente la discussione su questo principio qualitativo è molto aspra e non è questo il momento di discuterla nel dettaglio, ma la probabilità che questo aspetto qualitativo, presente e fortemente condizionante la vita di una delle specie figlie di quel processo evolutivo naturale, cioè l’uomo, non sia un semplice derivato di questo processo non può essere esclusa a priori come intenderebbero fare, senza portare prove, gli antifinalisti di professione. L’illumanesimo non sposa ne l’una ne l’altra tesi a priori ma si limita a cercare di mantenere aperto il dialogo, senza pregiudizi e preconcetti, tra le diverse posizioni. Il miglior illumanista è colui che chiede a tutti di fare un confronto senza conclusioni aprioristiche. Pievani non rispetta questa regola perché non limita la sua analisi all'aspetto qualitativo ma tenta di giungere a conclusioni su tutta la linea inserendo, o ignorando, nella sua conclusione anche l'idea che questa parte qualitativa sia parte certa dello stesso processo; e lo fa senza poter portare tesi a sostegno.

http://lescienze.espresso.repubblica.it/…/Perch%C3%…/1349043

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