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Segni positivi nel vasto mare della crisi


La storia dell’uomo è piena di illuminati, di maestri, di grandi scienziati, grandi geni, grandi medici, grandi filosofi, grandi uomini insomma che hanno portato ognuno qualcosa di utile, qualche bagliore di verità, qualche grande scoperta o intuizione, grandi filosofie che hanno aperto nuovi filoni della ricerca. Come le scienze cognitive, per esempio, le scienze sociali, grandi e innovative visioni filosofiche ecc. Apparentemente tutto questo sembra sia servito solo in termini materialistici, e che alla maggior parte dell’umanità tutto questo sia stato utile solo in termini di benessere fisico, economico, tecnologico, ma da uno specifico punto di vista conoscitivo e di crescita individuale l’uomo sia riuscito a trarre molto poco. Anzi, apparentemente sembrerebbe che tutto sia indirizzato per procedere addirittura nella direzione opposta ad un ampliamento dell’individualità intesa come miglioramento del rapporto con se stessi. Sembra che questi grandi ideali, questi grandi temi, queste grandi intuizioni siano rimasti patrimonio solo di una minoranza e che poco abbiano portato all’umanità. Questo però non è completamente vero. Nel vivere quotidiano infatti ci sono molti segni che proprio quelle intuizioni, quelle conquiste di pochi sono entrate, e molti ne “subiscono” i benefici già oggi, e probabilmente ne fruiranno ancora di più nel futuro.

 

Facciamo qualche esempio: l’intuizione della necessità di “ conoscere meglio se stessi ”.

 

A livello filosofico questa è una grande verità, ma a livello pratico pochi, pochissimi sono ancora in grado di metterla in pratica. I motivi sono mille e più. Pochissimi sono quelli che si pongono questo obiettivo come concetto filosofico, e moltissimi, quasi tutti, lo ignorano addirittura totalmente anche solo come principio. C’è anche da dire che per attuarlo sarebbe necessario disporre di un tipo di società che mettesse l’uomo nelle condizioni di imparare a farlo, e di trovarsi nella condizione di poterlo fare. Cioè l’uomo, per poter dedicare a se stesso la giusta attenzione dovrebbe vivere in un contesto che lo prepara e che lo agevola nella pratica di indagarsi, di dedicarsi il tempo e le energie per quel fine.

 

Quindi la maggior parte degli uomini alla domanda del perché non si applica nella conoscenza di se stesso risponderebbe che se quella è una filosofia, la vita reale è ben diversa, e quell’enunciato non è un problema che lo riguarda e anche se lo riguardasse non potrebbero farlo perché il contesto sociale li porta in tutt’altra direzione. Apparentemente hanno ragione, ma nella realtà non è così. Nella realtà dal momento di quell’enunciato ad oggi moltissimi sono i segni che la società si sta modificando proprio per poter giungere a quel fine. Non per niente siamo passati attraverso l’Illuminismo.

 

In concreto, pensate a quanto è cambiato il mondo del lavoro. Una volta la gente lavorava 14/16 ore al giorno e in condizioni disumane. Oggi lavoriamo molto meno e molto meno faticosamente, e questo consente a tutti di avere molto più tempo da dedicare a se stessi. Quindi si sta lentamente incamminando verso la possibilità effettiva di potersi dedicare a se stessi e di poterlo fare in condizioni psicofisiche molto meno sfavorevoli. I cambiamenti culturali in questa direzione sono stati enormi, e probabilmente altri ve ne saranno in questa direzione. Infatti, sia pure con una certa lentezza, anche la gran massa degli uomini che vive oggi sulla terra finisce col beneficiare di situazioni culturali che mutano nel tempo in quella direzione, verso la possibilità reale di poter finalmente avere un ambiente che consentirà di applicare  in maniera più agevole quell’enunciato.

 

Non esiste coscienza di questo, è vero, ma ci troviamo di fronte ad una tale mutazione di situazioni umane per cui continuare a ripetere che tutto è negativo mi sembra eccessivo. E’ vero che tut­to avviene con una certa lentezza, ma le grandi modificazioni sono sempre state figlie di processi di cambiamento lunghissimi e lentissimi. Probabilmente anche questa presa di coscienza prima o poi ci sarà.

 

Poi si è avuta una diffusione della cultura che prima non esisteva, cioè quando la maggior parte degli uomini era com­pletamente analfabeta.

 

Facciamo un altro esempio: La psicoanalisi.

 

Freud, Jung e compagni ci hanno portato grandi intuizioni, ci hanno indicato una strada per conoscere cos’è l’uomo, ma ad una visione superficiale pare che poca gente ha goduto in senso psicologico di certe conquiste? Anche qui possiamo dire: Sì e no.

 

Se prendiamo ad esempio l’avvicinamento dell’uomo a problematiche scientifiche anche molto avanzate, a problematiche spirituali innovative e culturalmente anche più “Umaniste” di quelle precedenti. Questo è stato ed è  possibili proprio grazie al fatto che facciamo parte di una civiltà che ha conosciuto l'analisi della psiche, altrimenti molti di questi discorsi non avrebbero nemmeno potuto scalfito l’interesse degli uomini, perché sarebbe mancata addirittura la  prospettiva verso un problema inesistente nella mente.

 

Ripeto, non sono ancora in molti, ma si intravedono i punti avanzati  che pian piano la cultura fa propri e un po' alla volta li riversa su coloro che fanno parte della massa e la diffusione di principi culturali che diventano realtà sociale arriverà lentamente ovunque.

 

Esi­ste ancora un gran lavoro da fare, però in qualche modo si sta cominciando a formare un’ossatura di futuro, si vedono le grandi linee del movimento umano, anche se questo avviene all’interno di tutte le crisi, di tutte le difficoltà. Però si vede che al di là di questo l'uomo sta prendendo coscienza di se stesso attraverso la crisi in­dividuale, e proprio la crisi individuale è il segno che egli sta prendendo coscienza. All'uomo di oggi comincia a giungere  un pugno sulla testa, e questo è molto importante, perché oggi l’uomo questo pugno l'av­verte. Prima il pugno in testa gli arrivava lo stesso, ma non se ne accorgeva, o la subiva passivamente.

 

Nel campo specifico della mente questo pungo in testa provoca una crisi, e la ri­messa in gioco di tutto se stesso fino al punto di prendere coscienza che c’è qualcosa che agisce, che c’è qualcosa che mette in crisi, che oscuramente non si riesce a rintracciare il bandolo della matassa, questa è altamente positivo, anche in una fase di crisi, ed è altamente positivo perché indica che il problema si pone nella coscienza del­l'uomo, anche se i suoi termini sono ancora sfumati e incerti. Questa è una tappa fondamentale.

 

C’è sempre il momento della crisi che risolve la malattia. Il livello dell'inquietudine è un’attivazione dell’individuo, lo pone davanti ai problemi e incomincia e vederli, riconoscerli, anche se ancora non li sa risolvere. In questo marasma apparentemente negativo vi sono dunque grandi segni positivi, e il fondamento che dovrebbe accompagnarci dovrebbe essere che questa presa di coscienza, questo cambiamento anche indipendente dalla nostra consapevolezza è sempre presente. Questa consapevolezza non dovrebbe mai abbandonarci, e dovrebbe aiutarci ad essere meno attaccati alla cultura come riferimento da salvaguardare sopra ogni altra cosa. Quando lo facciamo sia condannati comunque a uscirne sempre sconfitti.

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